Niente di nuovo. il tempo non accenna a migliorare. io sono dello stesso umore del cielo- umor grigio che più grigio non si può. l’influenza non vuole sloggiare da casa nostra, si è stabilita con tutti i comodi poco ci manca che di notte se mi alzo e vado in cucina la trovo a farsi un latte caldo, con miele! insomma, è un circolo vizioso: finisco di essere malata io e si ri-ammala Chicco, che contagia la nonna e che mi ri-contagia. quindi tutti di nuovo sotto antibiotico perchè oltre alla tosse da licantropo impazzito, è fiorita anche una simpaticissima otite, più il virus gastrointestinale…e poi questo mal di testa che resta fisso, abbarbicato alle mie tempie che non si schioda con nulla!
ok sono d’accordo con voi sono i malanni di stagioni, ma tutti qui dovevano venire ? tutti insieme? un happening dello stafilococco pare… un tripudio di sciroppi e suppostine, di bustine e polverine.
e in questo clima ospedaliero, con la tachipirina fedele compagna di viaggio, si fanno improvvisamente domande che meritano attenzione e risposte ponderate. tipo: la questione della cicogna.
la cicogna proprio lei, quella che porta i bambini.
nell’immaginario di mio figlio è quel volatile che porta il piccolo Dumbo alla sua mamma. infatti l’altro giorno mi chiede: mamma ma se prima di nascere ero su una nuvoletta, poi sono venuto con la cicogna, ma nella pancia come sono entrato? ovvio che qualcosa non quadrava! ecco mi è toccato di smantellare il mito della cicogna. menomale che ho trovato le parole giuste e in più avevo anche un libro illustrato sulla maternità.
è stato più semplice del previsto…
forse non tanto quanto il mio prossimo obiettivo, quello di provare a superare le prove di selezione del prossimo concorso scolastico per insengnanti. si mormora che ne stanno preparando un altro.e allora una mia amica mi ha indirizzato verso i quiz dicendomi in parole povere: studia! preparati! soprattutto la matematica! rispolvera l’inglese! ecco avendo superato i 30 e poi i 35 anni d’età, mi domando se ho ancora il ritmo cui ero abituata durante glianni universitari quando macinavo manuali su manuali. mi domando quanto tempo ruberò a mio figlio, per questa ennesima follia. quanto mi sopravvaluto. quanto soprattutto è per me necessario progettare qualcosa di tangibile, che miri al futuro, e che rappresenti una valida alternativa a questo status quo – dove non cade foglia nemmeno se ci viene addosso un uragano – che ormai mi sta davvero stretto.
se ce la metto tutta, magari ci riesco!