I’ve seen the dust so black that I couldn’t see a thing,
And the wind so cold, boy, it nearly cut your water off
…
I’ve seen the wind so high that it blowed my fences down,
Buried my tractor six feet underground
…
Yes, it turned my farm into a pile of sand,
I had to hit that road with a bottle in my hand
Woody Guthrie – Dust Bowl Blues
Anni Trenta, Oklahoma: come in una ballata bues, sullo sfondo di un cielo oscurato da nuvole di terra, si srotola il racconto di Jack che assiste alla morte della madre soffocata dalla polvere e al suicidio del padre. Sopravvissuto senza sapere perché alla rovina della sua famiglia, Jack seppellisce i giorni felici assieme ai corpi dei genitori e si rintana in casa. Solo.
A salvarlo da un arido nulla, accelerando il ritmo della sua esistenza e del romanzo, l’arrivo travolgente di una compagna di scuola e di suo fratello Tony, affamati e soli al mondo quanto lui: Jane, una ragazzina ferocemente decisa ed intraprendente, vuole non solo sfuggire alla polvere e alla miseria, ma molto più sentire il sapore della vita mordendola. Per mettere in atto questo progetto a dir poco ambizioso per un’adolescente povera in canna, Jane ha bisogno di Jack: insieme, i tre ragazzi rubano l’auto di un vecchio che si è lasciato morire per non vedere più la desolazione attorno a sé e si danno alla fuga, tra stati d’animo opposti, verso il Texas e una vita migliore. Solo lo sfortunato incontro con due feroci gangster che li rapiscono farà di loro un gruppo compatto, dando un senso alla loro vita ed alla rocambolesca fuga, che si trasformerà in una missione: salvare Strangler, l’uomo che i due malviventi intendono uccidere.
Gli adolescenti senza altre risorse che stracci e bugie sempre nuove, acquistano dignità e soprattutto uno scopo: come cavalieri (non proprio) senza macchia e senza paura affronteranno mostri e omicidi, malvagità e cavallette, puntando dritti verso il loro fine che, ignaro e neanche così meritevole di tanto impegno, vive in un circo.
Tra epica e autoironia, Jack racconta le avventure senza respiro di questa strampalata Compagnia dell’Anello, che alla fine è la storia della sola Jane, ragazza tosta e indomabile, famelica e curiosa, bugiarda all’ennesima potenza: scoppiettante motore di ogni azione, le sue fantasmagoriche invenzioni creano un passato e pretendono un futuro, perché il presente è semplicemente inaccettabile.
La voce di Jack racconta le ruvidità, le rare dolcezze di Jane e la bellezza a fatica nascosta da stracci e polvere con la nostalgia di chi vede il primo amore scegliere un’altra strada: i pochi, teneri baci che Jack pare ancora sentire sulle labbra brillano come schegge di vetro in un mondo malfatto e buio e come vetro graffiano la memoria.
In teoria Cielo di sabbia (All the Earth, Thrown to the Sky, il titolo originale) è stato pubblicato come il primo romanzo di Lansdale per “young adults”: ma in realtà, a parte i giovanissimi protagonisti e l’assenza del turpiloquio tipico di molti suoi personaggi, i temi trattati sono quelli dei romanzi che Lansdale ha scritto per un pubblico adulto: come Sunset in Tramonto e polvere, chi si arrende perde, sembra ripeterci Jane, chi si lascia fare muore.
Identici anche il tono, realistico persino nelle invenzioni più spericolate, asciutto e divertito, e il linguaggio spoglio e concreto, solido, rugoso e leggero come una corteccia di sughera. Un Joe R. Lansdale che per molti versi ricorda lo Stephen King di Stagioni diverse, per la pulizia con cui riesce a tratteggiare le figure adolescenziali dei protagonisti e a dar loro autentica voce.