
Nel
corso dell’incontro a l’Avana, i due governi hanno firmato 13
nuovi accordi economico-commerciali. Pechino esporta autobus,
locomotive, strumenti per l’agricoltura e beni di consumo; Cuba
risponde esportando prevalentemente zucchero di canna. L’interscambio
tra i due Paesi, per il 2010, si aggira intorno ai 1.800 milioni di
dollari, 300 milioni in più rispetto al 2009. In pochi anni, la Cina
ha scavalcato la Spagna nel volume degli scambi con il Paese
caraibico, attestandosi come il principale partner
commerciale dopo il Venezuela, e dopo il Canada e la Spagna, appunto.
Ma le relazioni commerciali sono solo un punto delle più estese ed
importanti relazioni bilaterali: Cuba, infatti, offre molte
opportunità dal punto di vista degli investimenti energetici, su cui
la Cina punta molto e per i quali finanzia progetti per milioni di
dollari.
Durante
la permanenza sull’isola, infatti, Xi Jinping, ha visitato alcuni
pozzi petroliferi situati nella costa nord dell’isola che vengono
attualmente sfruttati dalla compagnia “Gran
Muralla”
– una filiale della China
National Petroleum Corporation
(CNPC) – a cui l’ente petrolifero statale cubano Uniòn
Pètroleo de Cuba
(CUPET) ha affidato la perforazione di vari pozzi. Proprio le due
aziende di Stato, e grazie soprattutto agli investimenti cinesi,
hanno in progetto la riabilitazione, la modernizzazione e
l’espansione della raffineria meridionale di Cienfuegos –
raffineria che si occupa del processo dei barili di grezzo
provenienti dal Venezuela e amministrata dall’azienda Cuvenpetrol,
insegna a Cuba dell’Alleanza Bolivariana per i Popoli della Nostra
America (ALBA) – un progetto che costerà circa 6 milioni di
dollari e che aumenterà le capacità di raffinazione da 65mila a
150mila barili giornalieri, oltre alla produzione di gas liquido.
Così anche l’ammodernamento della raffineria di Matanzas è un
altro macro-progetto che verrà finanziato dalla Cina, con garanzie
venezuelane, e nel quale potrebbero partecipare imprese europee, ad
incominciare da quelle spagnole.
Cuba rientra in questo senso in un
più ampio progetto di penetrazione economica/energetica della Cina
nell’area caraibica, soprattutto se si considera la rilevanza
geo-economica che riveste l’intero Golfo del Messico, in cui si
realizzano progetti di esplorazione e perforazione da parte della spagnola Repsol, della malaysiana Petronas, e dell'indiana Oil and Natural Gas Corporation Limited (Ongc). Per questo motivo, fin dal 2003, Pechino ha stanziato circa 500
milioni di dollari per la costruzione a Moa (nella parte orientale
dell’isola) di una centrale di produzione e lavorazione di
ferro-nichel (questo settore, oltretutto, è sempre più in rapida
crescita, tanto da generare profitti per circa 800 milioni di
dollari, addirittura più dello zucchero) e per l’esplorazione dei
giacimenti situati nei pressi di San Felipe (nella provincia di
Camagûey).
Proprio questo reciproco sostegno nelle questioni internazionali fa riflettere sulle strategie politiche del colosso asiatico, che partono da una dimensione puramente regionale ma che hanno ricadute, anche, su un piano globale (come accade, per esempio, anche per ciò che riguarda la crescente penetrazione cinese nel continente africano) e che la pongono, evidentemente, in diretta concorrenza/contrasto con gli Stati Uniti, e non solo per quanto riguarda le perforazioni di fronte alle coste della Florida. Sorge dunque spontaneo domandarsi se il ruolo odierno della Cina nell’area cubana può essere paragonato a quello dell’Unione Sovietica negli anni della Guerra Fredda. Di fatto, il progresso delle relazioni bilaterali, la forte interconnessione economico-finanziaria, una visione ideologica comune fanno pensare ad un’area di scambio che possa aprire la strada ad una nuova epoca di cooperazione politica tra Pechino e l’Avana. Resta tuttavia ben inteso che, almeno per il momento, la Cina non ha alcun interesse e alcuna intenzione a cercare uno scontro con gli USA.
Piuttosto, comunque, si tratta di un’ennesima dimostrazione di forza dell'affermazione cinese che Washington non deve sottovalutare, così come l’intera rete dei rapporti che Pechino intrattiene con il Sud del mondo e in particolare con quell’intera area latinoamericana che tenta di legittimare la propria via definitivamente indipendente, alternativa e concorrenziale agli Stati Uniti. E infatti, al termine della visita di Xi Jinping, anche il Presidente venezuelano Chavez si è recato a l’Avana: in cantiere la creazione di una scuola di formazione delle Forze Armate dell’ALBA, “un paso histórico para construir una doctrina latinoamericanista, indipendentista, de paz”, che abbia come alleato fondamentale, plausibilmente, proprio il gigante asiatico.
Maria Serra è Dottoressa in Scienze Internazionali (Università degli Studi di Siena)