Diversi operai della Foxcoon Tecnology Park – pilastro mondiale nella produzione di apparecchi elettronici per conto di Apple, Nokia e Sony- hanno occupato il tetto dello stabilimento tra il 2 e il 3 gennaio minacciando il suicidio di massa.
La disputa è scoppiata all’inizio dell’anno, quando gli operai hanno chiesto un aumento di stipendio e le riduzioni delle ore di lavoro per i dipendenti dell’impianto di Wuhan, capoluogo della provincia centrale dell’ Hubei. Foxconn avrebbe risposto con un ultimatum: dimettersi con una buona uscita di mese di stipendio per ogni anno lavorato nell’azienda o tornare a lavoro. Molti hanno scelto la prima opzione senza però ottenere ciò che era stato promesso loro.
A questo punto, più di una centinaia di operai sono saliti sul tetto dello stabilimento minacciando il suicidio. «Ci sentiamo senza prospettive, per questo abbiamo minacciato il suicidio di massa», ha raccontato al Telegraph un operaio.
Per evitare la triste tragedia è intervenuto Il sindaco di Wuhan che si è recato personalmente sul posto per cercare di portare avanti una trattativa e convincere i dipendenti a cambiare idea. Dopo diverse ore di colloquio, il sindaco è riuscito a convincere gli operai a non compiere l’atto estremo.
Questo episodio ci porta alla luce le disumane condizioni in cui sono costretti a lavorare gli operai cinesi che ogni giorno producono i nostri simboli del benessere. Salari e condizioni di lavoro che hanno portato nel 2010 al suicidio di 14 lavoratori e in passato si sono verificati anche incidenti gravi sul lavoro, che molti riconducono a negligenza nel trattamento dei materiali pericolosi. Il tutto senza dimenticare i contratti anti-sucidio che prevede una clausola che fa promettere ai propri dipendenti di non suicidarsi e di non apporsi se l’azienda li spedisce in istituti psichiatrici non appena manifestano i primi segni di squilibrio mentale.