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Cina, Usa e il bluff dei numeri sul clima

Creato il 04 dicembre 2009 da Vinews

climaA pochi giorni del vertice delle Nazioni unite sul cambiamento climatico, che si terrà a Copenhagen dal 7 al 18 dicembre, i leader del Pianeta lanciano le proprie offerte alla diplomazia internazionale. Cina e Stati Uniti sono i principali emettitori di gas serra al mondo. Dopo un primo momento di chiusura verso i risultati del summit, Barack Obama e il suo omologo cinese, Hu Jintao, ora si dicno disposti a ridurre le emissioni.

E’ già una vittoria che Cina e Usa, non firmatari del Protocollo di Kyoto, accettino di andare a Copenhagen. Tuttavia, bisogna ammettere che, in questi ultimi giorni, il traffico di cifre che alimenta i titoli dei giornali assomiglia più a una grande e confusa operazione di marketing che a una vera contrattazione.

I parametri di riferimento da cui partire, i più chiari, sono quelli proposti dall’Europa: taglio del 20% delle emissioni rispetto al 1990, entro il 2020.

Quota che salirebbe al 30% in caso di un accordo internazionale.

Gli Stati uniti si impegnano, entro il 2020, a tagliare il 17% della CO2 rispetto al 2005, quota che in realtà diventa un misero 4% se riferita al 1990.

Inoltre, dettaglio da non trascurare, il Presidente Obama sarà a Copenhagen il 9 dicembre, data in cui avrà scarse possibilità di discutere con gli altri leader che invece si incontreranno nei giorni tra il 16 e il 18.

A Copenhagen, le Nazioni Unite chiederanno: vincoli di riduzione delle emissioni per i Paesi industrializzati, aiuti economici per i Paesi invia di sviluppo, per adeguarsi tecnicamente, regole internazionali che permettano di far rispettare gli accordi presi.

La Cina, in quanto Paese in via di sviluppo, non parla di ridurre le proprie emissioni, ma promette di aumentare l’efficienza del 40% entro il 2020, legando i calcoli all’incremento del Pil.

Questo potrebbe voler dire che continuerà a produrre quanto ora ma, essendo più efficiente, ridurrà le emissioni. Oppure potrebbe significare anche che aumenterà al sua produzione mantenendo le emissioni allo stesso livello.

Obama, pressato dalle trattative interne sulla riforma sanitaria e sull’aumento delle truppe in Afghanistan, cerca di prendere tempo. Gli scienziati, invece,  ammoniscono che, per tamponare i disastri già in atto, bisogna varare immediati provvedimenti per limitare l’innalzamento della temperatura sotto i 2 gradi.

Un indice, invece, concretamente positivo è che la Cina sembra stia puntando ad affermarsi come leader mondiale nella produzione di tecnologie per le energie rinnovabili. E’ ancora, tuttavia, difficile da stabilire se l’ambiente diverrà un business capace di innescare una concorrenza virtuosa o se si tratti solo di una moda legata alla comunicazione di questi anni, con il “Green new deal” di Obama in testa.

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