Emotivi anonimi
Giovedì 22 marzo alle ore 21
Cineforum al Cinema Cristallo a Fidenza
"Emotivi anonimi", chiusi nella timidezza cronica ma capaci di suscitare tenerezza
Giovedì 22 marzo il cineforum ospita un film franco-belga: "Emotivi anonimi" di Jean-Pierre Améris. Si tratta di una commedia romantica dall'ironia garbata e dai toni leggeri che racconta la storia di Angèlique, una giovane cioccolataia da sempre prigioniera della sua timidezza. Dopo aver trovato lavoro presso una piccola fabbrica di dolciumi, si innamora del suo datore di lavoro: ma poi scopre che anche lui è timido ... Chi sono gli emotivi anonimi del titolo? Si tratta di persone ipersensibili che vanno facilmente in crisi a causa del parere degli altri su di loro, sia negativi che positivo. Una categoria umana davvero curiosa che acquista ancor più fascino (il regista dichiara orgogliosamente di appartenervi) perché in palese contrasto con la società attuale dominata dal culto narcisistico dell'apparenza. Il film funziona anche grazie alla credibilità dei due attori principali, capaci di esprimere le loro inevitabili stranezze senza mai cadere nella caricatura o nel ridicolo. Tra rimandi a Charlot e ad Amélie Poulain, brevi inserti musicali e scenette comiche irresistibili, la pellicola scorre via leggera fino alla fine. (M.F.)
Una storia fuori dal tempo dal retrogusto favolistico, con due ottimi protagonisti Edoardo Becattini
Angélique è una giovane cioccolataia afflitta da un'insicurezza patologica. Rimasta senza lavoro, si rivolge alla piccola "Fabrique de Chocolat", dove viene subito assunta dal proprietario Jean-René, uomo apparentemente schivo e rigido, ma in verità affetto a sua volta da una timidezza ai limiti dell'asocialità. A causa di un'incomprensione, Angélique viene assunta come rappresentante e, accettando passivamente la cosa, si trova costretta a combattere contro le sue difficoltà a comunicare per cercare di risollevare il declino della piccola azienda. Nel frattempo, Jean-René si consulta col suo psichiatra e, per superare i propri imbarazzi, si impone il compito di invitare a cena una donna. Le proprietà terapeutiche del cioccolato diventano poteri taumaturgici quando toccano il territorio francese. E quel sapore avvolgente e ravvivante che nelle "favole" cinematografiche scalda il cuore e risveglia la bontà d'animo di ognuno, diviene un vero e proprio deus ex machina quando si dischiude nelle petites villes d'oltralpe. Una presenza densa e burrosa che addolcisce le storie con un tono carezzevole e un retrogusto favolistico.
Rispetto al passato degli anni Cinquanta in cui era ambientato Chocolat di Lasse Hallstrom con la strega Juliette Binoche e lo zingaro Johnny Depp, in Emotivi anonimi siamo formalmente nel presente, ma tutto lascia ancora una volta intendere quella cornice fuori da ogni tempo tipica del realismo magico. A cominciare da due personaggi affetti da una timidezza cronica che non conosce cause specifiche né conseguenze patologiche, ma solo la levità degli imbarazzi più candidi e fanciulleschi. E proseguendo con una storia démodé che è come una scatola di cioccolatini dove sai in ogni momento quello che ti capiterà di vedere, piena di snodi sottilissimi, di incomprensioni prevedibili e di comprimari gentili e senza spessore. Con questo ripieno di ingenuità ricercata e di furbizia nascosta dietro al gusto della giovialità infantile, se Emotivi anonimi alla fine non stucca è solo grazie alla bravura dei suoi due protagonisti, due ottimi caratteristi che riescono a misurare con delicatezza i turbamenti interiori dei loro personaggi e quel dissidio fra desiderio amoroso e chiusura ermetica nelle personali insicurezze. Fra rossori, impacci e goffaggini che la ripetitività delle situazioni potrebbe facilmente far degenerare in una farsa puerile, Benoît Poelvoorde e Isabelle Carré non accumulano ruffianerie ma lavorano su piccoli tic e idiosincrasie, facendo scorrere placidamente verso il finale al sapor di confetto una sceneggiatura assai elementare. Commedia tanto emotiva quanto anonima nello spirito e nella struttura, la fiaba di Jean-Pierre Améris è come se soffrisse di quello stesso eccesso di timidezza che attaglia i suoi protagonisti e avesse continuamente paura di deludere le aspettative di quel tipo di spettatore in cerca solo di addolcirsi la bocca dopo troppe amarezze. Fortuna che i suoi due pasticceri sono meglio della qualità degli ingredienti.