
Il film di per sé spesso non mi interessa: in Asia i multiplex propongono in gran parte blockbuster americani e cinesi o bobinoni locali dal contenuto sospetto. Scarto di default quelli della seconda categoria e scelgo il meno tossico tra i titoli appartenenti alla prima, ma si tratta spesso di un guazzabuglio di azione, rumore assordante ed effetti speciali: la solita palla che con l'intento di stimolare la produzione di adrenalina finisce per farti sprofondare in uno stato di stordimento ipnotico. Per quanto mi riguarda un buon film è nell'ordine: 1) storia e regista, 2) attori, 3) fotografia e musica. Gli altri ornamenti servono solo a mascherare la carenza degli ingredienti principali.
Tuttavia come dicevo il motivo che mi attira nella sala non ha niente a che fare con la passione per le arti visive: quella la soddisfo con qualche DVD. No, quello che seguo incantato mentre salgo le scale mobili sono le note di un altro pifferaio: essere inghiottito da quel mondo nero segnato da linee sghembe fatte di lucette, accorgersi vagamente del soffio d'aria condizionata che rinfresca senza ghiacciare e accomodarsi quindi al posto adiacente al corridoio, possibilmente senza vicini, scelto ad arte al botteghino, adagiandosi sulla poltroncina - comoda pur non essendo soffice - e lasciare che il brusio attutito dai pannelli fonoassorbenti solletichi i timpani durante i minuti che precedono la pubblicità. A spettacolo (spettacolo ?) iniziato ignorare senza traccia di irritazione chi chiacchiera disturbando un film che non merita rispetto, conformarsi alla leggerezza di un dramma gaglioffo o di una commedia sciocca, rilassare i muscoli, attivare l'anima, meditare, sciogliere le briglie al cervello, pensare, farsi trafiggere da una frase talmente bella che sembra l'abbia pensata un altro e annotarla sul telefono. Dare ogni tanto un'occhiata al musetto da cerbiatto della ragazza carina che siede cinque posti più in là per poi vergognarsi di questo istinto da quinta elementare e saltare direttamente alla terza media lumando le gambe della bonazza tappata con minigonna di jeans e tacchi alti, mentre il bulletto che le siede accanto è totalmente imbambolato dal susseguirsi monotono di scene vorticose e suoni frastornanti. Umettarsi le labbra con fare pervertito, ridere tra sé e sé per queste forme di umorismo auto-inflitto e mentre la tempia è colpita di striscio da un'altra frase - meno filosofica della precedente - riprendere in fretta il telefono e sfidare la propria creatività scrivendo una porcata da scaricatore di porto con i versi più poetici che si riescono a immaginare.
E' un'alternativa al Vipassana, allo Yoga Nidra, al Tantra: l'esperienza di un film scadente come pratica Zen. D'altronde si sa che le vie per il Nirvana costituiscono una sorta di infinito apparente.