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In tutto il Congo non esiste un singolo cinema. In un paese grande quanto l'Europa occidentale, nella terza capitale piu' popolosa d'Africa, non c'e' uno straccio di sala in cui godersi la proiezione di un film. A pensarci bene, la cosa non sorprende. Quale compagnia cinematografica si darebbe la pena di aprire una sala in un paese senza legge? Quale produttore invierebbe le pellicole fino all'infernale Kinshasa, dove si volatilizzerebbero appena scaricate dall'aereo? Eppure, visto che in Congo tutto e' possibile, io al cinema ci sono andata.
Ora, si tratta di rivedere un po' le definizioni. E' una sala, questo si'. Al secondo piano di un edificio senza insegne, con gradini scalcinati e topolini scorrazzanti. Dopo una teoria di porte che si aprono su stanze vuote e polverose, finche' non si azzecca per caso quella giusta. Un'anticamera tappezata di locandine, un mini-bar stipato di birre congolesi. Ua macchinetta per fare i popcorn nell'angolo, e dieci dollari all'ingresso. Eccoci dentro, nella sala rettangolare con un sacco di poltrone allineate. Sedie di legno imbottite e scomode, comprate in un mercatino di mobili all'aperto. Un proiettore, un fascio di luce, e una pila di CD pirata di film scaricati con emule. Una gigante schermata Windows Media Player che luccica sulla parete di fronte. Un gruppuscolo di espatriati che piano piano svincola dentro con aria da clandestini: hanno tutti letto il programma sull sito internet del proprietario. Con qulache minuto di fisiologico ritardo, le luci si spengono. Un ragazzo indiano regola le casse gracchianti sul giusto volume. Il cursore schiaccia PLAY, il film si spalma a tutto schermo. La storia comincia, benvenuti al Majestic.