- Il Padre dei miei Figli – 2010 – ♥♥♥ -
di
Mia Hansen-Løve
Il Cinema oggi è in crisi, e questo è cosa ormai nota, ma che dietro a tutto questo vi siano persone che hanno lavorato per esso e che adesso sprofondano con lui spesso non ci se ne rende conto. La regista Mia Hansen-Løve con questo film vuole delineare la figura del produttore cinematografico Grègoire (dichiarato personaggio ispirato al produttore francese Humbert Balsam) dedito al suo lavoro in maniera impeccabile e in eguale misura alla sua famiglia. Ma purtroppo, subissato dai debiti e dai ricavi sempre minori dei film che ha deciso di produrre, nonostante abbia una famiglia delineata in maniera forse fin troppo positiva decide di porre fine alla sua vita. La narrazione del film viene spezzata in due: nel primo tempo abbiamo modo di conoscere la delicatezza e la gioiosità della famiglia di Grègoire e nel secondo tempo ci viene raccontato come il lutto e il suo suicidio incidano in maniera violenta e dolorosa nelle esistenze di quanti lo conoscevano e amavano. Louis-Do de Lencquesaing, nel ruolo di Grègoire, riesce ad imprimere convinzione al suo personaggio che è restio a manifestare il suo dolore interiore all’ interno delle mura familiari non lasciando per nulla trapelare i segreti di fallimento che si porterà inevitabilmente con sè nella tomba. Le sue premure in famiglia manifestano un latente egocentrismo e il suo personaggio stesso sembra dimostrarlo a tal punto che una volta che sarà uscito di scena nella seconda parte del film se ne sentirà la mancanza. Il film contrappone l’ essenza stessa della morte e della vita nei due istanti cinematografici nel quale il film è suddiviso. Grègoire non saprà dire di no a quell’ istinto di morte che per lui sarà fulmineo e veloce esattamente come la regista ce lo fa vedere sullo schermo in pochi secondi. Immediati e diretti. I sopravvissuti della sua famiglia al contrario dovranno andare avanti spinti dal loro istinto vitale che li porterà prima a risolvere quanto rimasto insoluto da Grègoire ed in seguito tentare di ristabilire una certa armonia familiare. Su tutto spiccano le prove degli attori e soprattutto di una Chiara Caselli, che sembra aver trovato in Francia la sua nuova casa cinematografica, nel ruolo di una madre che sa dispensare molta dolcezza, in controtendenza quindi con gli ultimi ruoli un pò dark che l’ avevano contraddistinta. Il film ha l’ obiettivo anche di mostrare tutto ciò che si cela dietro le apparenze di splendore di chi produce cinema, anche se qui si parla pur sempre di un certo tipo di cinema e non di quello hollywoodiano da blockbuster. Vengono mostrati quindi i fallimenti di chi ha voglia di produrre cinema vero, quello ispirato a quello di un tempo che poteva onorarsi del titolo di Settima Arte. Frequenti, a questo proposito, sono i riferimenti artistici ed architettonici nel film ( si spazia da Jean Cocteau a una cappella medioevale dei Templari, fino a giungere ai mosaici bizantini della Basilica di Sant’Apollinare in Classe) , che mettono in luce di come molti artisti, esattamente come Grègoire abbiano “prodotto” arte in epoche decisamente decadenti in quanto a senso artistico. Il finale è forse un pò troppo sbrigativo e lascia più spazio alla riflessione che alle spiegazioni ma in un’ epoca decisamente incompiuta come la nostra forse è giusto ogni tanto fermarci a riflettere anziché essere sempre esauditi dalle risposte visive di molti finali cinematografici.
( L' Armonia di una famiglia apparentemente felice)
( Il dolore di un lutto inatteso)