Recensione del film "The Fighters - Addestramento di vita" (di Angela Laugier)
Titolo originale: Les combattants
Regia: Thomas Cailley
Principali interpreti: Adèle Haenel, Kévin Azaïs, Antoine Laurent, Brigitte Rouan, William Lebghil,Thibaut Berducat, Nicolas Wanczycki, Steve Tientcheu – 98 min. – Francia 2014
Un bellissimo film francese che si intitola Les combattants (Love at First Fight nelle sale inglesi). Vedete, ora, come questo stesso titolo è stato pensato (?) per il pubblico italiano dai distributori di casa nostra! Ma perché? Qualcuno, di grazia, ci potrebbe illuminare?
“Avevo vent’anni. Non permetterò a nessuno di dire che questo è il periodo migliore della vita”. Questa celebre frase dello scrittore francese Paul Nizan (1905-1940) è diventata, pochi anni fa, addirittura la traccia del tema di maturità. Nonostante il luogo comune, infatti, i vent’anni sono, nel nostro mondo, un’età difficile da portare, di cui più volte si è occupata la cultura che, soprattutto in Francia, ha manifestato un’ acuta sensibilità verso i tormenti di quell’età, nei giovani sempre più riluttanti ad assumere impegni e responsabilità in prima persona. Oggi si direbbe che il disorientamento sia ancora più profondo: questo il film ci racconta attraverso la storia di Arnaud (Kévin Azaïs) e Madeleine (Adèle Haenel), entrambi incapaci di progettare il loro futuro secondo criteri di razionalità e buon senso. Arnaud, in verità, avrebbe buone prospettive di inserirsi nell’avviata azienda paterna, soprattutto ora che, alla morte del padre, ci sarebbe bisogno di lui per aiutare il fratello più grande, rimasto solo a occuparsene. Eppure, egli continua ad aggirarsi intorno allo stand dell’Esercito francese incerto se farsi reclutare come volontario. A farlo decidere sarà il primo incontro – scontro, con Madeleine, bella ragazzona di famiglia benestante, che ha già deciso di mettere in un cassetto il prestigioso titolo di studio conseguito, che le aprirebbe forse molte possibilità di carriera, per dedicarsi, invece, ad apprendere tutto ciò che può servire alla propria sopravvivenza, nel caso, più che probabile secondo lei, che una catastrofe ecologica porti in breve tempo all’estinzione degli esseri viventi. Sopravvivere all’assedio di un mondo sempre più ostile, sacrificando ogni forma di tenerezza e di dolcezza femminile, e temprandosi per resistere al peggio, dunque, è il progetto di Madeleine: lo stesso esercito, con i suoi corsi di preparazione, potrebbe perciò rivelarsi un’utile palestra. Che fra i due possa nascere, al di là delle botte iniziali, un rapporto d’amore, è facilmente intuibile, ma il percorso di educazione sentimentale attraverso il quale avviene il cambiamento di lei costituisce una parte importante dello sviluppo del film, nel quale persino l’esercito con le sue regole rigide, ha un ruolo importante, pienamente comprensibile quando, a proprie spese, anche lei capirà la necessità di uscire dalle preoccupazioni per sé e l’importanza di aprirsi agli altri, fragili, inquieti e incerti, come se non più di lei, del proprio futuro.
Thomas Cailley, il regista esordiente nel lungometraggio, conduce il film con ironia indulgente e con sorridente simpatia nei confronti dei due giovani smarriti e quasi schiacciati dall’angoscia di mettersi in gioco in una società da cui si sentono rifiutati, come Madeleine, o poco compresi, come Arnaud. Ciò, però, non è sufficiente a spiegare il fascino di questo film, che nasce dall’analisi psicologica molto attenta nel cogliere la tenerezza quasi femminea di lui e l’ostinato volontarismo di lei (ai limiti del masochismo), che è però anche il modo per nascondere una femminilità indifesa, che non ha il coraggio di rivelarsi, ma che Arnaud ha intuito molto bene quasi subito. Altrettanto interessante è l’utilizzo sapiente dei registri narrativi, che oscillano fra la rappresentazione elegiaca della dolce e tranquilla vita nella campagna aquitana ai margini del bosco e la dimensione favolosa e simbolica della selva dalla quale solo fino a un certo punto si può ottenere protezione, perché la sua apparente ospitalità cela insidie e agguati reali: meglio uscirne, aiutandosi e sostenendosi a vicenda, per vincere, per quanto possibile, la paura (e in due è più facile, forse!).
Thomas Cailley ha presentato con successo questa sua opera prima a Cannes, nella sezione non competitiva della Quinzaine des réalisateur; ha ottenuto, però, il premio César, uno dei premi più prestigiosi d’Europa, per il miglior film d’esordio. Altri due César sono andati rispettivamente a Adèle Haenel come migliore attrice, nonché a Kévin Azaïs, come miglior attore esordiente, ciò che indica che le notevoli qualità di questa pellicola hanno avuto un riconoscimento alto e meritatissimo. Da vedere, sicuramente.
Angela Laugier
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