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Cinema: Vivere con l’AIDS (Dallas Buyers Club) - di Angela Laugier

Creato il 16 febbraio 2014 da Tafanus

DallasRecensione del film "DALLAS BUYERS CLUB" (di Angela Laugier)

Regia: Jean-Marc Vallée

Principali interpreti: Matthew McConaughey, Jared Leto, Jennifer Garner, Denis O’Hare, Steve Zahn, Griffin Dunne, Dallas Roberts, Kevin Rankin – 117 ‘ – USA 2013.

 

Il regista canadese di questo film porta sullo schermo il contenuto di un’intervista che nel 1992, un mese prima di morire, l’elettricista texano Ron Woodroof rilasciò al produttore cinematografico Craig Borden per raccontargli la storia della sua malattia, l’AIDS, contratta parecchi anni prima, ma diagnosticata nel 1986. Era comune a Woodroof e a Borden l’intento di ricavarne un film che aiutasse in primo luogo a sfatare alcuni luoghi comuni e poi a capire come si possa convivere con la malattia, limitando gli eccessi e adottando, per quanto tardivamente, uno stile di vita il più possibile sano. Per una serie di rifiuti, resistenze, ostacoli, disguidi, con più di venti anni di ritardo il film ispirato alla storia di Woodroof ha potuto essere realizzato ed è arrivato anche nelle nostre sale. L’ha girato, in soli venti giorni, Jean-Marc Vallée, che si è avvalso di un ottimo cast, puntando soprattutto sull’eccezionale recitazione di Matthew McConaughey, fatto dimagrire per renderlo un malato di AIDS più credibile. L’attore è infatti riuscito a dare corpo e anima al suo personaggio, adeguandosi benissimo alla parte del cowboy texano, come tutti lo immaginiamo: macho, collezionista di donne, arrogante e sprezzante; quello che va al rodeo, ama bere troppo, fumare troppo e non si preoccupa della malattia che si sta diffondendo perché è così stolto da pensare che, non essendo gay, la cosa non lo possa in alcun modo riguardare. Come si permette dunque un medico di dirgli che invece quella bella malattia ha contagiato anche lui? Come si permette di dirglielo davanti a un’infermiera? Non è un’infermiera, ma un medico a sua volta: anche nel Texas repubblicano e reazionario qualche donna riesce a farcela, e lavora con piena responsabilità e grande sensibilità negli ospedali, nonostante le insolenze di quelli come Woodroof e dei suoi amici, che, ora che è malato, non vogliono neppure avvicinarlo: chi l’avrebbe mai detto che Woodroof fosse gay?

Di fronte alla malattia mortale, non può, però, esistere alcuna differenza fra i gay e quelli che non lo sono. Si impone, anche al macho più sciocco, solidarietà e aiuto reciproco: molti malati che attendono di morire in ospedale si offrono per sperimentare, sulla loro pelle, il nuovo farmaco che una casa farmaceutica sta già provando in alcuni paesi europei. A lui, che ha deciso troppo tardi, non è concesso, così come a molti altri, di sottoporsi alla sperimentazione. Se ne verrà via dall’ospedale per tentare, in Messico, la strada delle cure alternative. In realtà non si tratta di vere e proprie terapie, ma di assumere cocktail, studiati da un medico, di proteine, di vitamine e di estratti vegetali di provata efficacia nel rafforzare il sistema immunitario, nonché di cambiare totalmente stile di vita. Woodroof ne farà un business, importando a Dallas grandi quantità dei preparati che gli consentiranno di sopravvivere (non di guarire) ben al di là delle previsioni dei medici, contrapponendosi alle case farmaceutiche, alla Food and Drug Administration e alle autorità federali.

Questo aspetto della vicenda è centrale nel film: in un paese che non ha un servizio sanitario pubblico, la libertà di cura non può essere vietata, ma è vietato lo spaccio di farmaci non autorizzati e potenzialmente nocivi. I consigli degli avvocati indurranno Woodroof a fondare un Club di compratori, in cui, pagando una quota mensile, i malati che lo vorranno potranno acquistare i prodotti messicani. Nessuna promessa di guarigione miracolosa, nessun effetto placebo, naturalmente, ma una maggiore serenità, determinata dal parziale recupero della forza fisica, che consentirà a molti una significativa sopravvivenza. Un buon film, con una narrazione cronachistica chiara e interessante, ma non molto coinvolgente.

Angela Laugier


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