S'intitola "Ciò che non posso avere" (Zeta Factory, Venus/Believe) il disco d'esordio di Barbara Gobbi, cantautrice e chitarrista modenese. Un album graffiante, robusto e ben confezionato con dieci tracce dalle marcate venature rock, che confermano le qualità compositive dell'artista e ben riproducono la sua energia live. A trainarlo il bel singolo "Certezze e cemento", brano con cui Barbara ha vinto nel 2010 la sezione cantautori della quarta edizione del Tour Music Fest 2010 (sbaragliando la concorrenza di altri 4mila concorrenti), conquistando nello stesso anno anche il terzo posto e il "Premio Musica É" al "Contursi Festival", che io presentavo. Un brano, "Certezze e cemento", entrato nella playlist di Rai-Isoradio attraverso il programma "Diesel" di Alessandro De Gerardis, attento osservatorio sulla scena musicale indipendente italiana, e poi, prima della pausa estiva, piazzatosi al 39° posto della Indie Music Like top 100, la classifica dei cento brani indipendenti più trasmessi dal circuito di radio, web radio e new media legati alla IML. Annotazioni non marginali, ma che testimoniano ulteriormente la bontà di un progetto discografico, la cui gestazione è stata particolarmente lunga e travagliata, ma che affonda le radici in una passione autentica, concreta e antica per la musica dell'autrice. "Ciò che non posso avere" è un disco che si fa ascoltare con naturalezza e piacere (lasciando la voglia di sentirlo una volta ancora) lungo dieci tracce ben incastonate tra loro e passando per temi come l'abbandono, il dolore, il conflitto tra anime amorose, che spesso si rifugiano dentro maschere. Il suono è asciutto, duro, vero, con poche concessioni ad arrangiamenti barocchi e all'uso di archi, riportando perfettamente sullo spartito ciò che le parole dicono. C'è, per qualità dei testi e costruzioni armoniche, quasi un'eco della prima Carmen Consoli. Tra le chicche, a mio avviso, oltre al singolo, "Afa circonda", "Intrigante" e "La lieta notizia". "Ciò che non posso avere" è, insomma, un album da avere, per riconciliarsi con la buona musica, il cantautorato non banale e la ricca forza creativa della scena indipendente italiana. Barbara Gobbi arriva da una terra straordinariamente fertile, da sempre, dal punto di vista musicale e il suo stile, che non scimmieggia o strizza l'occhio a chicchessia, le consente di occupare con piena dignità un posto in quella terra. Sperando sia solo la prima tappa di un lungo percorso, good luck, Barbara!
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S'intitola "Ciò che non posso avere" (Zeta Factory, Venus/Believe) il disco d'esordio di Barbara Gobbi, cantautrice e chitarrista modenese. Un album graffiante, robusto e ben confezionato con dieci tracce dalle marcate venature rock, che confermano le qualità compositive dell'artista e ben riproducono la sua energia live. A trainarlo il bel singolo "Certezze e cemento", brano con cui Barbara ha vinto nel 2010 la sezione cantautori della quarta edizione del Tour Music Fest 2010 (sbaragliando la concorrenza di altri 4mila concorrenti), conquistando nello stesso anno anche il terzo posto e il "Premio Musica É" al "Contursi Festival", che io presentavo. Un brano, "Certezze e cemento", entrato nella playlist di Rai-Isoradio attraverso il programma "Diesel" di Alessandro De Gerardis, attento osservatorio sulla scena musicale indipendente italiana, e poi, prima della pausa estiva, piazzatosi al 39° posto della Indie Music Like top 100, la classifica dei cento brani indipendenti più trasmessi dal circuito di radio, web radio e new media legati alla IML. Annotazioni non marginali, ma che testimoniano ulteriormente la bontà di un progetto discografico, la cui gestazione è stata particolarmente lunga e travagliata, ma che affonda le radici in una passione autentica, concreta e antica per la musica dell'autrice. "Ciò che non posso avere" è un disco che si fa ascoltare con naturalezza e piacere (lasciando la voglia di sentirlo una volta ancora) lungo dieci tracce ben incastonate tra loro e passando per temi come l'abbandono, il dolore, il conflitto tra anime amorose, che spesso si rifugiano dentro maschere. Il suono è asciutto, duro, vero, con poche concessioni ad arrangiamenti barocchi e all'uso di archi, riportando perfettamente sullo spartito ciò che le parole dicono. C'è, per qualità dei testi e costruzioni armoniche, quasi un'eco della prima Carmen Consoli. Tra le chicche, a mio avviso, oltre al singolo, "Afa circonda", "Intrigante" e "La lieta notizia". "Ciò che non posso avere" è, insomma, un album da avere, per riconciliarsi con la buona musica, il cantautorato non banale e la ricca forza creativa della scena indipendente italiana. Barbara Gobbi arriva da una terra straordinariamente fertile, da sempre, dal punto di vista musicale e il suo stile, che non scimmieggia o strizza l'occhio a chicchessia, le consente di occupare con piena dignità un posto in quella terra. Sperando sia solo la prima tappa di un lungo percorso, good luck, Barbara!
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