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Circa 400 milioni spesi per il biogas in cinque anni

Creato il 13 settembre 2013 da Cremonademocratica @paolozignani

Il dato che colpisce, oltre all’enorme quantità di suole per coltivare energia, è l’imponenza dell’investimento compiuto dagli agricoltori della provincia di Cremona: circa 400 milioni in cinque anni per il biogas. Questa significa che in realtà la cosiddetta crisi economica è solo una forma di ingiustizia sociale. E poiché l’unico obiettivo è il reddito e ogni proprietà rischia facilmente di diventare mero strumento, ambiente compreso, ecco che l’agricoltura di qualità a Cremona ha perso altre occasioni. Si può accusare lo Stato e i suoi incentivi concessi senza una politica agricola regionale e provinciale. Si possono accusare le scelte compiute dai singoli. Interessa molto più lo stato di fatto: il territorio usato come fabbrica che produce soldi. Persino il terreno agricolo viene barattato per impianti di biogas. Le organizzazioni professionali agricole, soprattutto la Libera così forte in provincia (esprime da tanti anni uomini politici), l’amministrazione provinciale che ha fatto? E i Comuni? L’assessore provinciale Gianluca Pinotti spiega la stato di fatto nell’articolo de Il Giorno qui sotto [link], tuttavia grazie alle normative nazionali che favoriscono l’iniziativa privata (figuriamoci la Regione) l’amministrazione provinciale non ha fatto altro che autorizzare malgrado la mozione di Zanacchi (Pd) votata all’unanimità dal consiglio provinciale! Fra Stato, Regione, Provincia, Libera, singoli dov’è il governo del territorio, che è stato gettato in pasto alla speculazione? Proteste ne arrivano specialmente da “Salviamo il Paesaggio”

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di Luca Zorloni

I DATI – I numeri delle centrali a biogas in Lombardia
Cremona, 30 agosto 2013 – Cremona è il cuore incandescente della grande centrale a biomasse lombarda, il nucleo del “miracolo”. I suoi 137 impianti le consegnano la palma di provincia regina del biogas nella regione più agricola d’Italia. Uno ogni dodici chilometri quadrati. Uno ogni 2.610 abitanti. Per capillarità, siamo al livello del servizio di autobus, circa duecento in tutto il distretto. Le prossime 25 centrali, che hanno già ricevuto l’autorizzazione dei Comuni o di Palazzo Tinti-Pallavicino, non faranno che consolidare un primato difficile da scalfire.
Come ha fatto Cremona a surclassare vicine di casa come Brescia e Mantova, con un altrettanto consolidata tradizione agricola e dimensioni territoriali maggiori, ma che contano, rispettivamente, 77 e 55 centrali a biogas? Non è solo merito della tariffa onnicomprensiva da 0,28 centesimi, che come il leggendario re Mida ha trasformato ogni angolo di terra agricola in oro.

“LA TERRA PIU’ FERTILE D’EUROPA” – Gianluca Pinotti, assessore della Provincia di Cremona con deleghe ad Ambiente e agricoltura, spiega che le ragioni vanno cercate anche nelle peculiarità del suo territorio. “Una delle cause è la dimensione media dell’azienda agricola – spiega –. In Italia è di sette ettari, in provincia di Cremona di 35. Per un megawatt prodotto l’investimento è di quattro milioni, le nostre sono aziende che hanno un patrimonio da mettere a garanzia”. Inoltre, “la terra è tra le più fertili d’Europa”. Metteteci poi il crollo del prezzo del mais (“tra il 2007 e il 2008”, rievoca Pinotti) e la crisi delle filiere “del latte e della carne suina”, ed ecco la causa scatenante della febbre da biogas che ha contagiato il Cremonese.
Non si può parlare di sviluppo equilibrato, lo ammette lo stesso assessore. “Il mercato è stato sbilanciato a favore delle energie rinnovabili, l’incentivo ha favorito la speculazione”, commenta. In sostanza, abbiamo sloggiato le colture alimentari per quelle energetiche. Per l’assessore però c’è anche un aspetto positivo. “Ogni megawatt costa circa quattro milioni di euro, Cremona produce 96 megawatt all’anno. Significa che in cinque anni sono stati spesi circa quattrocento milioni di euro, non è poco in un momento di crisi”.
La Provincia è anche intervenuta con un sito, la “Fabbrica della Bioenergia” (insieme a Politecnico, Camera di commercio locale, Ersaf e fondazione Cariplo) per aiutare gli agricoltori a orientarsi nel mondo delle biomasse. Ciononostante Pinotti non è un fan di biogas e affini: “La nostra più grande preoccupazione è dare redditività alle filiere tradizionali, se poi si aggiunge qualcosa di più bene. Il biogas ha avuto più senso in un comparto non caratterizzato da un’agricoltura di qualità come la nostra, l’agroalimentare è la creatività italiana”.

ASSEDIO AL BIO NEL SUD MILANO – È lo stesso principio che difendono le aziende agricole biologiche del Parco sud Milano, alle porte della metropoli, assediate da chi ha fiutato l’affare biogas. “Con il mercato fondiario che si sta alzando – spiega Giovanni Carrosio, sociologo dell’Università di Trieste – hanno problemi a rinnovare gli affitti”. Davide Biolghini, coordinatore scientifico del Forum cooperazione e tecnologia, che promuove filiere agricole ecosostenibili, conferma: “Numerose aziende agricole del Parco sud Milano hanno vissuto la forma specifica dell’accaparramento delle terre, cioè la tendenza da parte di proprietari “latifondisti” a non rinnovare i contratti agli agricoltori che producono cibo a favore di aziende non agricole che utilizzano la terra per produrre mais per biocarburanti”.
È un fenomeno che ricalca, in tutto e per tutto, quello che nei paesi in via di sviluppo viene definito “land grabbing” (“accaparramento dei terreni”). Le mani di pochi, e ricchi, tengono stretti i campi di molti. Abbiamo importato dietro casa i drammatici scenari dell’Africa subsahariana e dell’America latina, dove i coltivatori diretti combattono contro lo shopping sfrenato di capitali esteri. Il risultato è che questo mercato mette a dura prova la sopravvivenza di piccole aziende agricole ed esilia ai margini i giovani che vogliano intraprendere una carriera nel settore primario.
Secondo Pietro Colucci, amministratore delegato di Kinexia, società nel settore delle rinnovabili, il biogas ha buone ricadute occupazionali. Ma quali sono i margini di sviluppo, anche con i nuovi impianti di taglia small? L’assessore all’Ambiente della provincia di Mantova Alberto Grandi sostiene che “con i nostri 55 impianti siamo al massimo”. E a Cremona, dopo le nuove 25 centrali, ci sarà spazio per qualcun altro? O la corsa al biogas in Lombardia è arrivata al capolinea?
(2-CONTINUA)

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