Citizenfour - La Recensione

Creato il 16 aprile 2015 da Giordano Caputo
La trilogia documentaristica di Laura Poitras, dedicata all'America post Undici Settembre, si conclude sotto gli acuti del miglior botto che si potesse immaginare.
In "Citizenfour" infatti si parla di uno dei capitoli più scandalosi e tristi della Storia recente Americana, con i suoi piani di protezione e sicurezza (curati della NSA) messi in ginocchio da chi in quegli stessi piani era stato coinvolto dalla nascita al rilascio, conoscendone perciò vita, morte e miracoli. Quanto bastava, insomma, per giungere alla conclusione che quel sistema, ormai entrato in funzione, oltre ad essere illegale, portava con sé il compito di togliere il diritto di privacy ad ogni cittadino americano e non solo (erano coinvolti persino i maggiori capi di governo dell'Unione Europea), meritando quindi d'esser denunciato e distrutto a qualunque costo.
La persona in questione si chiama Edward Snowden, ventinovenne all'epoca dei fatti e consapevole ai limiti del dettaglio riguardo quello cui sarebbe andato incontro con la sua mossa a sorpresa. Fu lui stesso, attraverso delle mail cifrate, a contattare la Poitras e ad avvicinarla a quello che poi sarebbe diventato il suo progetto più rischioso e pericolante. Sensazioni che peraltro "Citizenfour" infligge allo spettatore da subito, tramite un'esposizione ricca di messaggi inseriti nero su bianco, la decifratura delle reali mail scambiate nella fase preliminare e un'inquadratura generale della situazione, eseguita talmente a fuoco da lasciar comprendere a secco la gravità della notizia affrontata.
Del resto aveva bisogno di qualcuno di cui si potesse fidare, Snowden, qualcuno che già in passato - e la Poitras ce lo ricorda immediatamente - aveva provato a far luce su dei fatti poco chiari legati al proprio paese e per questo strettamente marcato a uomo ed etichettato come pericoloso.
Nella camera di un albergo di Hong Kong allora Snowden e la Poitras, finalmente al sicuro, dopo il lungo corteggiamento si lasciano andare, rendendo chiaro e limpido l'approfondimento di quei messaggi e di quei sospetti precedentemente appuntati e seminati. Il ragazzo racconta i fatti che ben conosciamo, quelli che verranno alla luce più avanti, che suggeriscono il ritratto di un paese colpito a fondo dopo la caduta delle Torri al punto da non dare più alcuna importanza o scrupolo a regole o confini. Tutto in nome della protezione e della sicurezza, due status che però, tra le informazioni a cascata intercettate, sfociano in innumerevoli effetti collaterali utilizzati a loro volta per prevedere, anticipare e conoscere mosse di cittadini o nazioni europee che avrebbero potuto creare, in un modo o nell'altro, noie o problemi vincolati agli affari statunitensi.
Un caso scottante, quindi, montato con accortezza e dedizione non solo dalla regista, ma anche dalle partecipazioni determinanti dei giornalisti Glenn Greenwald e Ewen MacAskill, all'epoca dipendenti del The Guardian, uomini fondamentali per la pubblicazione dei leak destinati a tuonare e a provocare esplosioni dell’opinione pubblica, discussioni, nonché scontri diplomatici. Step durante i quali Snowden comincia a passare da sospettato a ricercato, a toccare con mano quel timore prima solo teorizzato e giorno dopo giorno, deposizione dopo deposizione, ad assumere sul proprio viso la paura di una punizione cruenta e definitiva, nascosta dietro l'angolo.
Un cambiamento lento e progressivo delle sue condizioni psicologiche che alla Poitras interessa tanto quanto il vortice giornalistico e politico che gli ruota attorno, lo studia in più di un'occasione, ci si sofferma, spesso sfruttando gli istanti in cui Snowden, per via di una telefonata con la ragazza completamente estranea al suo piano, o per via dei telegiornali che inneggiano il suo nome, viene chiamato in causa trovandosi maggiormente a tiro di quel mirino che vorrebbe individuarlo ed aprire la scarica.
Ansie che "Citizenfour" intende suggerire e provocare oltre quello che è il grande schermo e non solo per via della materia che racconta (e non risolve), ma per restituire gli stessi timori e le stesse paure che in quei giorni, chiunque stesse lavorando alla sua progettazione, deve aver provato e tenuto, senza mai tirarsi indietro o tradendo. Un esempio di coraggio e di giornalismo di cui si sentiva davvero mancanza e bisogno e che la Poitras ci insegna con perseveranza, specie nell'ultima scena mozzafiato. Quella molto simile a quei film di finzione che spesso ci capita di vedere al cinema, ma dove il senso di verità e di realtà onnipresente viene conservato e tenuto rigorosamente acceso.
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