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I segni delle loro origini li portano evidenti sulla pelle, sui lineamenti, i capelli, la statura. Poi però ti spiegano che si sentono italiani, perlomeno in percentuale molto alta. Molti di loro non parlano la lingua dei genitori, si sentono a disagio quando stanno a tavola con i loro parenti lontani, preferiscono una pizza con gli amici italiani.
Eppure sono stranieri a tutti gli effetti. Hanno la cittadinanza dei genitori e vivono in Italia con un permesso di soggiorno. Parlano italiano perfettamente, hanno frequentato la scuola italiana, fin dalle elementari, hanno studiato storia, letteratura ed educazione civica italiana. Qualcuno non ci ha capito un gran che? Certo, così come molti italiani "veri". Beh, tutto ciò non conta nulla. La cittadinanza a loro non gliela danno quasi mai. Le loro domande si perdono tra procedure intricate, cavilli assurdi e strati di polvere depositata su scrivanie di funzionari pubblici recalcitranti. Il passaporto italiano è meglio darlo a un sudamericano o un australiano che vanta un trisavolo del Regno Lombardo-Veneto o di quello delle due Sicilie, magari pure tarocco, che non parla una parola di italiano e non sa nemmeno se l'Italia è una repubblica o un regno. Migliaia di passaporti sono stati distribuiti in quel modo negli ultimi dieci-vent'anni.
Immedesimarmi in un feroce razzista mi è davvero impossibile ma posso capire alcune argomentazioni dei nazionalisti soft, o meglio ancora quelle del comune cittadino, un po' confuso e timoroso. E se queste comunità crescessero a dismisura, restando fedeli ai valori e principi dei loro antenati, e riuscissero, tramite il voto a partiti politici nuovi, basati sull'appartenenza a una razza o una religione, a influenzare o addirittura a stravolgere il nostro sistema legislativo? O se sapendo che la nazionalità italiana verrebbe assegnata automaticamente ai propri figli migliaia di donne incinte si riversassero sulle nostre coste?
Mi sembrano scenari vagamente apocalittici, fondati su premesse un po' paranoiche, ma si tratta comunque di eventualità non impossibili, che si potrebbero concretizzare, almeno in parte.
Il fatto è che gli italiani tendono a piegarsi a una tendenza un po' subdola: per evitare scenari catastrofici contrapposti preferiscono la pavida alternativa di mezzo, che non costringe a sforzi e decisioni drastiche e che non comporta grandi stravolgimenti, almeno sul momento. Domani chissà, che il cielo ce la mandi buona. D'altronde per il terrore della deriva fascista o bolscevica ci siamo tenuti la DC al governo per oltre quarant'anni.
Quindi il paese non applica politiche severe contro l'immigrazione illegale perché la mamma (la UE) e il papà (gli USA) non vogliono (la solidarietà è spesso utilizzata come un'ipocrita scusa). Poi però si evitano anche le politiche coraggiose a favore dell'integrazione perché abbiamo paura del babau. Più infantili di così è difficile.
L'Italiano, proprio lui, quello che sbandiera ai quattro venti le sue doti di creatività, flessibilità, intuito e improvvisazione, si ritrova incapace di decidere perché si fissa sulle due alternative più evidenti, vede soltanto il bianco o il nero, tutti o nessuno. La scelta sembra essere obbligata: nazionalità automatica o negata a prescindere.
Analizziamo seriamente il problema, parliamo di grandezze misurabili e non di opinioni e fobie campate per aria. In un barcone con cinquecento disperati a bordo ce ne saranno almeno qualche dozzina che si portano nel bagaglio culturale e cromosomico un buon mix di caratteristiche positive quali l'onestà, la buona volontà, un quoziente di intelligenza elevato, intraprendenza, un buon fisico, buona salute, ecc.
Allora venga stilato un programma di assimilazione progressiva limitato agli individui nati e cresciuti in Italia. Ogni anno vengano messe in palio un certo numero di cittadinanze. Ci si basi su un sistema a punti. Titolo di studio = tot punti. Punteggio conseguito = tot punti. Giudizio complessivo degli insegnanti = tot punti. Esito del colloquio con una commissione specificamente selezionata = tot punti. Problemi con la legge = - tot punti. Altro (certificazioni varie, conoscenza comprovata di lingue straniere, meriti sportivi, artistici, scientifici, umanitari) = tot punti.
Se funziona il programma viene potenziato, se sorge qualche problema lo si ridimensiona o interrompe.
Facile? Forse anche troppo, per un paese come l'Italia. Meglio sollevare obiezioni contorte e complesse...sarà così più semplice non prendere alcuna decisione e addossare il problema sulle spalle delle generazioni future.
Foto di 7bart (CC)
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