Per la prima volta a Milano un’operazione immobiliare, quella di CityLife,si trasforma in un nuovo modo di proporre il prodotto edilizio ad un mercato sempre più attento, che alle prestazioni energetiche sostenibili, alla certificazione ‘Classe A’ degli edifici, aggiunge un nuovo modo di vive in città, certo non per tutti, ma che attiva procedure mai sperimentate prima nell’ormai necessario e obbligato rapporto tra pubblico e privato in grado di gestire sviluppi e cambiamenti urbani.
Molte sono state le critiche sul progetto, ma a noi ci interessa analizzare brevemente lo spessore della strategia di marketing legata ad un progetto urbano di così ampia portata in cui il settore privato è esposto in modo diretto nel ‘costruire città‘ e nel garantire alti livelli qualitativi allo spazio pubblico e che ha affiancato in modo corale architetti di fama internazionale in genere abituati a lavorare singolarmente.
Anzitutto bisogna ricordare cosa sarà restituito alla città al termine dei lavori: il parco urbano, lo storico velodromo Vigorelli riqualificato e la riforma del ‘palazzo Scintille’. Strutture pubbliche ad uso libero a cui si aggiunge il Museo d’arte Contemporanea di Daniel Libeskind e la galleria commerciale interrata in corrispondenza della fermata Tre Torri della linea metropolitana 5.
CityLife si propone quindi come un pezzo di città fruibile da chiunque e parte attiva in un generale processo di trasformazione cittadino. L’idea quindi è quella di vendere l’idea in un nuovo stile di vita urbano per un mercato certo di nicchia, ma che richiede un prodotto architettonico di tipo innovativo e non solo limitato all’idea del lusso. Un lusso che è comunque presente dal punto di vista delle soluzioni architettoniche degli edifici e soprattutto dei loro interni, ma anche un ‘lusso’ che si traduce dal punto di vista della vendita del ‘prodotto complessivo’ negli aspetti di assoluta eco-sostenibilità.
[Show as slideshow] 12►