Detenuti, senza aver commesso alcun delitto, se non quello di esistere in quanto esseri umani. Tale è, infatti, il reato contemplato nel nostro ordinamento giuridico per i migranti privi di permesso di soggiorno e che non possono ottenere lo status di rifugiati. Arrivano a Bari via terra, cielo o mare, nei barconi, nascosti sotto i tir sulle navi che partono dalla Grecia: una volta fermati, il loro destino è segnato, si chiama Centro di Identificazione ed Espulsione.
O meglio, “Centro di Internamento ed Espulsione”, stando ai racconti di chi è riuscito ad entrare nell’ “Inferno” e guardare negli occhi “l’umanità dolente”, rinchiusa nei sette moduli di prigionia, i gironi danteschi del CIE di Bari.
“Ai torti di massa delle Istituzioni si risponde con una forma di democrazia diretta, con l’esercizio della sovranità della cittadinanza sociale”: l’avvocato Luigi Paccione presenta così la Class Action Procedimentale contro il CIE del capoluogo pugliese, che ha portato il presidente del Tribunale Civile di Bari, Vito Savino, a nominare l’ing. Francesco Campanale come perito, incaricato di verificare che le condizioni di detenzione all’interno della struttura non siano lesive dei diritti umani fondamentali.
Primo obiettivo della Class Action: definire giuridicamente il CIE come struttura carceraria, all’interno della quale sono “rinchiusi individui sotto il controllo di un Corpo Armato”. Secondo step, individuare norme di garanzia delle libertà e della dignità di persone che, in quanto “detenute”, non hanno voce, sono invisibili.
Guarda il video con l’intervista integrale all’ Avv. Luigi Paccione, Presidente dell’Associazione Class Action Procedimentale.
Tutte le informazioni su classactionprocedimentale.it
Resoconto del primo accesso dell’Ing. Campanale all’indirizzo
http://www.classactionprocedimentale.it/index.php?option=com_content&view=article&id=148:resoconto-del-primo-accesso-nel-cie-di-bari&catid=35:cie-bari&Itemid=75
Silvia Dipinto e Fulvio Di Giuseppe