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Claude Monet a Giverny

Creato il 06 marzo 2013 da Ilsegnocheresta By Loretta Dalola

Negli ultimi anni , prima della sua morte, Claude Monet inizia una serie di dipinti con un solo tema, quasi una sola opera: la casa tra le rose, e poi i grandi pannelli delle ninfee. Questo è il periodo di vita  raccontato nel documenatrio “La casa di Alice” su Sky arte. Una villetta, un giardino, la famiglia e la quotidianità,  è l’immagine che ossessiona Monet, che torna più volte nei suoi ultimi quadri. Un pittore e la sua donna, la seconda moglie Alice, che giace nel cimitero poco distante e lui la rivede in ogni fiore e in ogni spina, come solo i grandi amori sanno raccontare. Una storia commovente, in un ritratto tenero, realizzato grazie alle numerosissime lettere che Alice scriveva ogni giorno.  Monet che esce in giardino, sistema il cavalletto e dipinge in mezzo a cespugli di fiori. La casa sparisce nel turbine dei colori, non resta che un dettaglio. Il mondo è lontano.  Sono più di quarantanni che Monet si è trasferito a Giverny, ha realizzato un ‘opera che è un incanto, un  vero inno alla natura. Una natura che ha plasmato facendola sua, che ha creato come un dipinto e che  ha trasformato totalmente. Un giardino in cui i fiori segnano il ritmo delle stagioni. Uno stagno simile a uno specchio che riflette la bellezza del mondo.

Claude Monet muore nel 1926, lo seppeliscono nel piccolo cimitero di Givency, accanto ad Alice, morta quindici anni prima, in un giorno di primavera.

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Alice ha lasciato una quantità di lettere che raccontano la sua vita anche nella piena intimità familiare, sono come un diario, un invito a condividere con lei la quotidianitò del pittore, i suoi umori, i suoi entusiasmi, i suoi dubbi. Un testamento d’amore che ce lo svela fin nel profondo, vissuto nella spendida villa di colore rosa, con la cucina decorata di maioliche bianche e blu e con, alle pareti, una preziosa raccolta di stampe giapponesi, dove Claude Monet visse dal 1883 al 1926, ora Muséè Claude Monet, a Giverny, un affascinante paese ai piedi delle colline nell’alta Normandia.

Nel 1883 Monet scopre questo angolo di mondo, resta incantato dai paesaggi e decide di affittare una proprietà. La casa è grande, può ospitare tutta la grande famiglia. Claude ha 43 anni, Alice 39. Una famiglia allargata, con otto figli. Dividono lo stesso tetto, la prima moglie Camille, è morta da tempo ma Alice è ancora sposata, separata, ma non divorziata, dal collezionista e mecenate di Monet. Il loro amore è grande e lo vivono immersi nella natura.

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Le continue variazioni di luce, lo scorrere incessante delle acque, il prosperare dei fiori favoriscono l’ispirazione al componente di quella nuova generazione che si è messa a dipingere la vita ordinaria, i giochi di luce e colore e che si chiamano: Renoir, Pizarro, Degas, Cezanne, Morisot, Sisley, Manet. Un critico davanti al primo dipinto esposto di Monet lo definisce “impressione al levar del sole” e subito furono bollati come impressionisti e ironicamente il gruppo adotta l’esperssione. Per loro è impossibile fare altrimenti, è impossibile non vedere la luce, i colori della natura che mutano incessantemente.

E Monet si immerge nella natura, “il mio studio all’aria aperta”, dipinge tutto l’anno. Vuole che il suo giardino sia colorato da grandi ciuffi brillanti, tanti  particolari fiori seminati in particolari punti e che a  partire dal 1900 furono uno dei temi ricorrenti nei dipinti dell’artista, divennero il tema dominante negli ultimi anni di attività. Iris, peonie, eliotropi, salici e ninfee, esattamente come quelli che vennero riprodotti sulla tela, insieme alle emozioni provate. Niente è fisso, per questo sta ore insieme alla natura e nel giardino che gli offre continui spunti. Monet ama ricevere i suoi amici nella sua casa, nel suo studio, nel suo giardino.

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Non smette di dipingerel’acqua che ondeggia, i covoni al sole, il cielo, un pacifico uomo immerso nella sua passione: i colori sulla tela. E lo stagno. Fa deviare il corso dell’acqua, costruisce un ponte giapponese e due più piccoli, ci mette le ninfee e dieci giardinieri che curano incessantemente questo eden. Ninfee colorate che decorano lo specchio d’acqua, un senso di calma, Parigi è lontana, qui, solo effetti di luce e vita quotidiana, soggetti perfetti per essere racchiusi in un quadro. In primavera il glicine ricopre il ponte e il grande giardino che circonda la casa esplode di immensi colori e profumi, un vero e proprio mondo incantato, assolutamente fuori dal tempo e scandito dalle fioriture delle numerosissime piante rampicanti.

Una fuga dalla realtà, come un sogno senza fine che, invece, subisce un arresto, con la malattia che consuma Alice, che nel 1911 muore. Monet entra in una profonda depressione, abbandona la pittura, è triste, non riesce a concentrarsi, la vista è debole, è inquieto. Poi piano piano, a 65 anni riprende le ninfee. Ne avrà per parecchi anni. 250 dipinti,  la caratteristica dell’assenza di fondo: l’orizzonte è aperto, nè terra, nè cielo, solo l’onda ed il fogliame ricoprono la tela , luminosa e sovrastata da corolle di fiori. Riflessi e riverberi dell’acqua, i contorni confusi svelano caldi pomeriggi, quando la natura umida esala vapori e profumi intensi, altri riflessi evocano limpide luci mattutine. È anziano ma dipinge ancora, pannelli decorativi, grandi dimensioni nella ricerca della perfezione. Nel 1924 le Nymphéas vengono installate all’Orangerie de Tuileries, futuro Museo Monet, a Parigi.

 

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E  nel dicembre del1926 chiude gli occhi per sempre, perseguendo, fino all’ultimo, nella realizzazione della sua  opera colorata…“Questamisura senza fine del suo sogno e del sogno della vita, egli l’ha formulata, ripresa, e di nuovo formulata senza sosta col travolgente sogno della sua arte davanti all’abisso luminoso del bacino delle ninfee”  (Gustave Geffroy)

 


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