Anno 1900, New York. John W. Thackery è un medico che non conosce limiti, così nella vita come nel lavoro. Arrogante e tossicomane, è però un chirurgo senza paure e un geniale sperimentatore. E’ lui il personaggio su cui si incentra la serie The Knick, firmata da Steven Soderbergh e presentata al Festival di Roma prima di approdare sui canali Sky a novembre. Una serie innovativa e coraggiosa che ribalta il fortunato genere del medical drama incorniciandolo nel contesto storico dell’inizio del secolo scorso. Ad accompagnare la serie al festival è arrivato il protagonista Clive Owen.
Clive, come sei entrato in contatto con Steven Soderbergh e con questa serie?
Clive Owen: Conoscevo Steven ma non ci avevo mai lavorato insieme. Un giorno mi ha telefonato e mi ha parlato di questa sceneggiatura da cui voleva trarre dieci episodi. Io non avevo nessuna intenzione di impegnarmi per così tanto tempo in un progetto, ma dopo aver letto lo script non ho avuto nessuna esitazione. Sapevo già diverse cose sull’inizio del secolo scorso, ma non mi ero mai imbattuto in una storia come questa e non avevo mai letto di un personaggio come Thackery. Mi è piaciuto subito il personaggio, un genio brillante, arrogante e controverso e mi ha affascinato la ricerca molto attenta dell’epoca. Se fosse stato un film, un’opera teatrale o una serie di venti puntate avrei accettato comunque.
La tua più grande sfida è stato cercare di rendere simpatico questo personaggio?
Clive Owen: Non affronto mai un personaggio pensando di doverlo rendere simpatico. Bisogna conoscere i personaggi a fondo, i loro atteggiamenti, i loro difetti, i punti deboli e poi bisogna cercare un equilibrio tra il personaggio e la tonalità del film. Questa è l’aspetto più impegnativo.
Secondo te perché piacciono così tanto i medici in televisione?
Clive Owen: Perché la posta in gioco è alta altissima, è una questione di vita o di morte. The Knick è comunque diverso dalle solite serie sui medici, perché si parla di un momento importante per la medicina, in cui sperimentava molto. E’ per questo motivo che il mio personaggio è pronto ad assumersi rischi, non gioca secondo schemi prestabiliti e non si ferma davanti a niente.
Come cambia il mestiere dell’attore tra teatro, televisione e cinema?
Clive Owen: Io sono partito dal teatro, dalla Royal Academy, poi sono stato davvero fortunato e ho trovato vari progetti in tv e al cinema. Devo dire comunque che affronto allo stesso modo tutti i mezzi.
E’ impressionante in The Knick il realismo con cui viene rappresentato il mondo della medicina di quell’epoca. Come avete lavorato su questo?
Clive Owen: Il merito è di Steven Soderbergh, che cura tutto e ha una squadra fantastica. Lo scenografo è stato incredibile, la costumista dettagliatissima. Per noi attori è stato semplice, arrivavamo sul set e ci sentivamo di stare davvero nel 1900.
Come giudica questo momento d’oro per le serie televisive?
Clive Owen: E’ un’epoca davvero stimolante per la televisione, che alcuni casi supera il cinema oggi, perché c’è più tempo per lavorare, si può rischiare, si può essere più approfonditi. A me non piace rimanere chiuso in un ruolo per tanto tempo, ma con questo personaggio è diverso.
Farete una seconda stagione?
Clive Owen: Inizieremo a girare a gennaio, ci saranno sviluppi folli e selvaggi, vedremo fino a che punto potremo arrivare.
Con quale regista italiano ti piacerebbe lavorare?
Clive Owen: Sono un grande fan de La grande bellezza, per cui direi senza dubbio Paolo Sorrentino.
di Antonio Valerio Spera per Oggialcinema.net