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L'arresto di Clooney ispira in maniera indiretta questo post. Non scriverò del Sudan (anche se probabilmente ve ne sarebbe più motivo) ma di arresti e manifestazioni o, più in generale, di manifestazioni che creano disagi e delle relative conseguenze.Partiamo da alcuni fatti: è chiaro che la maggior parte dei diritti di lavoratori e non solo sono stati ottenuti tramite manifestazioni e che la manifestazione è una delle espressioni più naturali e più salutari di una democrazia. Ma è chiaro anche che la curva che descrive la risonanza data dai media alle idee ispiratrici di una manifestazione al variare del disagio che questa crea al cittadino è una parabola. E che fare un po' di casino riuscendo a fermarsi al momento gusto può essere un efficace modo per far sì che ciò che volevi esprimere arrivi alle orecchie di un gran numero di persone: per esempio, occupare una stazione per mezz'ora può far scrivere di te e delle idee che esprimi sui giornali quando, non facendolo, nessuno ti avrebbe dedicato due parole in croce; però, contemporaneamente, bruciando auto e cassonetti rischi che l'eco del casino che hai combinato superi di gran lunga quello dei temi che ti interessava portare.L'arresto di Clooney mi ha riportato alla mente la notizia di qualche mese fa in cui, a New York, la polizia aveva reagito a manifestanti che bloccavano il ponte di Brooklyn caricandoli a centinaia su pullman per portarli in commissariato per poi processarli per il disagio che avevano creato. Le notizie di fermi in conseguenza a manifestazioni pacifiche suscitano sempre un po' di apprensione ma la verità è che una manifestazione è pacifica non soltanto quando non vengono commesse violenze o bruciati cassonetti ma anche quando non vengono occupati binari o autostrade o, in generale, quando non vengono commessi reati. Bloccare una stazione, una strada o un ponte è una violenza che pochi commettono a danno di molti e, di conseguenza, coloro che la mettono in atto dovrebbero pagarne le conseguenze. La sensazione è che in Italia ciò non accada mai. In generale, la polizia si limita a far sfollare o a contenere in modo che la manifestazione non degeneri in un qualcosa di più violento, fermando qualcuno (pochi e a campione) soltanto quando ci sono degli scontri con le forze dell'ordine. Alle volte questo accade per mancanza di mezzi o organizzazione o per opportunità: rischio di far montare la tensione e peggiorare le cose e magari farci una figura di merda o anche solo voglia di evitare di tirar su eventuali polveroni polemici del giorno dopo. Il problema, però, è che continuando placidamente a tollerare, l'occupare stazioni o autostrade sta diventando un'abitudine non sanzionata se non quasi un diritto, quando si è in tanti a protestare.In questo (per me pessimo) articolo del Fatto, il giornalista si sente migliore dell'umanità di prima classe freccia rossa che inveisce malamente contro i manifestanti notav che hanno bloccato la linea su cui transitavano e implicitamente giustifica gli unici stanno effettivamente commettendo un reato, cioè quelli che bloccano la linea. Lui scopre di stare dalla parte giusta dell'Italia, tra quelli che amano il proprio paese, cioè non tra quelli che si incazzano (seppur in modo poco ortodosso) perchè per l'ennesima volta i loro diritti sono violati. Per me sbaglia, perchè il lamentarsi di questa gente è conseguenza della tolleranza o solidarietà che quelli come lui hanno nei confronti di chi, per far valere i propri diritti, calpesta quelli altrui. Impunemente.