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Cogliere quello che conta

Da Marcofre

Quando si dice che una storia deve essere efficace, vuol dire (tra le altre cose), che la descrizione deve… essere efficace. Lo so che siete delusi perché aspettavate chissà cosa. Però voglio deludervi ancora di più aggiungendo che ci riuscirete solo con molta lettura.
E molta scrittura.

Quando dovete descrivere un ambiente, o un personaggio, immaginate la descrizione come foste alla ricerca di un metallo prezioso: l’oro, per dirne uno. Che è prezioso perché raro: se lo vendessero dal panettiere non sarebbe affatto un bene rifugio, giusto?

Idem per la descrizione di una stanza, o del protagonista di una storia. Non dovete scrivere tutto quello che vi passa per la mente, ma come un cercatore d’oro andrete a caccia delle pagliuzze. Delle pepite. Sarà di più la roba che gettate, di quella che tenete, ed è giusto che sia così: siete alle ricerca dell’oro, vero? Quindi il 95% di quello che troverete nel greto del torrente, dovrà essere scartato.

Se scrivete davvero, l’unico metodo che vi salverà dall’annoiare i lettori sarà quello di scovare quello che conta. Superfluo aggiungere che non sono in grado di aiutarvi; è una faccenda vostra. Avete voluto la bicicletta, perciò pedalate.
Qualche dritta?

Ricordatevi che scrivete una storia, e una storia è un po’ differente dalla noiosa descrizione dei mobili della stanza da letto. Prima di tutto la storia: è lei che attira i lettori e li induce a pagare per acquistare il libro: la storia. Spesso l’esordiente preferisce parlare d’altro: ed ecco allora descrizioni che si perdono nei dettagli sbagliati, oppure mettono su pagine quelli inutili. Credo che ciò accada perché non c’è alcuna storia, ma solo un ombelico.

Un buon insegnante è Gustave Flaubert, e la sua Madame Bovary.
Se non leggete, eppure desiderate scrivere, vi garantisco che avete un bel problema.

Se leggete e non avete mai preso in mano questo romanzo, avete un GRANDE problema. Credo che una simile opera sbricioli molte certezze, idealismi e presunzioni a proposito della scrittura. Ciò è bene. Il mondo per fortuna è pieno zeppo di capolavori, ma alcuni sono di un altro livello, superiore. La storia in fondo è semplice: quello che la rende straordinaria è l’uso che Flaubert fa delle parole. Temo che non ci sia una sola frase stonata, fuori posto o eccessiva.

Maledizione, aggiungerei.

E questo è il risultato di un uomo che non voleva solo scrivere una storia, vendere: ma produrre arte. Un autore, anche nel XXI secolo, non dovrebbe temere di produrre arte, o di provarci almeno.

Un altro ottimo insegnante, come ho già scritto in passato, sono i gialli di Georges Simenon. Niente fronzoli, niente chiacchiere: c’è un assassino da schiaffare in galera, giusto? C’è una banda di criminali da mettere sotto chiave: mica vorrete perdere tempo con le palpebre che sbattono, gli occhi grandi e azzurri che annegano nel dolore senza fine, i palpiti del cuoricino, e via discorrendo, vero?

Quello che serve a un autore esordiente è un po’ di sana e brutale atmosfera noir o gialla. Anche io in principio pensavo che non fosse serio leggere le inchieste del commissario Maigret. Robetta di second’ordine, meglio Tolstoj, no?
No.

Lo scrittore russo è un gigante, e dovrebbe essere considerato una lettura obbligata (mica ha scritto solo romanzi-fiume). Simenon pure è un gigante perché non solo riusciva a confezionare storie di qualità; ma vendeva a carrettate. Certo, il suo commissario ha poi messo in ombra il resto della sua produzione, ma questo è un altro discorso.

È necessario piantarsi nel cranio che i personaggi vivono non di addizione, bensì di sottrazione. Forse un buon sistema per cercare di creare una buona descrizione di un personaggio è: come si presenta a noi? Cos’è che ci colpisce? Spesso non è una sfilza di elementi quali il taglio di capelli, l’abito, le calzature; bensì un tratto preciso del suo modo di fare, di guardare, di muoversi. Di parlare.

Attenzione però: se non abbiamo dimestichezza coi nostri sensi, se non abbiamo imparato niente dal silenzio e dall’attesa, non andremo lontano. Per imparare certe cose è necessario disimpararne altre. Le parole giuste arrivano quando noi abbiamo imparato a fare un passo indietro, e ucciso la tentazione di celebrare il nostro ombelico.

Una storia, e i suoi personaggi, chiedono spazio: l’autore deve darglielo, perché un autore è così che agisce. A quel punto, sarà in una posizione di privilegio perché come un regista, potrà (e dovrà) vedere ogni cosa, e scegliere ciò che la rende efficace in sé, e per la storia; e scartare il resto. Soprattutto, credo che debba scegliere se il senso di quello che vede, e che racconta, debba fermarsi al primo livello; oppure scendere.

Ho la sensazione che quando si prende la bruta materia della vita, e ci fermiamo a osservarla e comprenderla, però scendendo oltre le apparenze; benché si tratti di un lavoraccio, ci sono ottime possibilità di cogliere solo quello che conta.

È sotto la superficie che si nasconde il mistero dell’essere umano, e se un autore ha davvero l’ambizione di scrivere qualcosa, è lì che gli consiglierei di cercare.


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