Questo articolo è stato scritto da Paolo Pascucci, al quale ho chiesto aiuto per rispondere ad una mail che andava un po’ “oltre” le mie conoscenze. Ne è nato un piccolo percorso che vi proporremo in pillole. Ecco la prima parte.
P.S. il prossimo che mi scrive una mail dandomi del LEI non lo pubblico, lo uccido.
Foto | Team Work
La mail:
Michele ci scrive:
Salve, mi chiamo michele, recentemente l’ho aggiunta su facebook ed ho letto molti argomenti sul suo blog, anzi le dirò che ho trovato il suo blog cercando su google: L’uomo è egoista, un pensiero che mi è venuto in mente pensando ai casi della vita quotidiana e che ha trovato conferma in quello che lei ha scritto, ho letto i pezzi del Profeta Incerto e di come ironicamente lascia i suoi lettori riflettere. [...]
Sono ancora uno studente, una matricola che si presta ad affrontare il primo anno di università – ingegneria aerospaziale – e che pensando al futuro e a quello che ho intenzione di fare, mi è venuto un dubbio: è possibile arrivare ai piani alti senza dover incorrere nella corruzione e senza avere alcun legame – anche indiretto – con la malavita?
Forse sembrerà strana questa domanda, ma per me che vengo da Napoli è uno scenario quasi inevitabile, basta vedere le condizioni della città . . . E se invece mi riferisco ad un contesto più ampio di una semplice provincia, prendo in considerazione l’Italia, il presidente del consiglio e il resto dei politici e la situazione non cambia più di tanto. Probabilmente la situazione negli altri paesi è migliore ma vista la mia poca conoscenza in questo campo non so fino a che punto.
Quindi le chiedo se, anche se solo filosoficamente, lei è in grado di dare una risposta a questo mio quesito e gradirei che la risposta sia integrata in un nuovo articolo, se vuole può citarmi liberamente senza omissioni e/o ricopiando questa e-mail.
Cordiali Saluti
Michele
La risposta: collaborare o non collaborare?
Il caro amico Andrea di Pillole di Psicologia, chiede il mio parere su una mail che gli è arrivata da parte di un suo giovane lettore. Il succo di questa lettera è racchiuso in una domanda, che suona così:
“è possibile arrivare ai piani alti senza dover incorrere nella corruzione e senza avere alcun legame – anche indiretto – con la malavita?”
Il quesito sembra implicare due diverse tipologie di risposte, una inerente la migliore strategia per risolvere un problema specifico, in questo caso fare carriera, l’altro, implicito nella domanda stessa, se dal punto di vista etologico sia possibile praticare un comportamento onesto, in una società di umani.
Un problema di strategie.
Se uno ascolta [con orecchio critico - NdAndre] i discorsi degli uomini politici, o dei presidenti di associazioni oppure ancora di amministratori delegati, noterà, con sua somma sorpresa, che presentano un elemento unitario, sempre presente: in tutti quanti viene elogiata l’onestà, la rettitudine e il comportamento leale.
Questa enfasi retorica sui buoni sentimenti e buoni comportamenti è talmente scontata e invischiata con i reali intenti da trasmettere, da rendere inutilizzabili questi messaggi, se non come materiale di studio per psicologi.
Perché accade questo? Perché la maggior parte degli oratori indulge in questa pratica?
Una risposta possibile è che il pubblico gradisca questi concetti: onestà, rettitudine e lealtà, insieme a tanti altri a questi correlati, sono un balsamo alle orecchie trepidanti dell’ascoltatore. Ma allora sorge un’altra domanda: perché il pubblico le gradisce?
Il bisogno di fidarsi degli altri.
Per non allungare la manfrina metto subito le carte in tavola: queste qualità elencate con tanta disinvoltura da chi parla da un palco piacciono alla gente perché nessuno si fiderebbe di una persona losca o infida. In ogni momento della nostra giornata noi dobbiamo fidarci degli altri perché la nostra vita possa scorrere tranquilla. Da quando inzuppiamo il pane nel caffellatte a quando prendiamo l’autobus o il treno, da quando portiamo i nostri figli a scuola a quando ci affidiamo ad un medico, da quando portiamo i nostri soldi in banca a quando chiediamo un consulto a un avvocato.
La fiducia è un sentimento essenziale perché una società possa reggersi in piedi. L’assenza di fiducia deve essere compensata dall’autoritarismo. Questo, se ci riflettiamo bene, è in parte (e in maniera più edulcorata) quello che succede anche nelle nostre democrazie: la fiducia non viene riposta senza tutele, e la garanzia del rispetto degli obblighi e quindi la corresponsione “obbligata” della fiducia riposta è regolata dalla Legge.
La Legge impone una sanzione al violatore della fiducia “obbligata”. Senza addentrarci in discussioni ampie, osservo che non tutte le interazioni tra umani sono regolate, né possono esserlo, dalla sola Legge. È questo il motivo per il quale si sono sviluppate morale ed etica.
L’onestà, dunque, è una componente fondamentale della nostra società?
Dunque possiamo tentare una prima risposta alla domanda.
Se quello che vuole la gente è onestà, e quello che gli oratori gli danno (a parole) è pure l’onestà, questo significa che questa caratteristica è sentita come fondamentale e auspicata.
Ne segue che l’opposto di onestà è una caratteristica indesiderata? A parole, tutti fanno mostra di non volerla, sia la gente che quelli che parlano dal pulpito.
Ma, è proprio vero che una società disonesta è più instabile e indesiderabile di una onesta?
(Continua mercoledì prossimo)
Collaborare o non collaborare: una questione strategica. è stato pubblicato da Andrea Ciraolo.