A pochi giorni dall’uscita di “Un colpo al cuore” di Nicola Rao(Sperling&Kupfer), Notte Criminale intervista l’autore.
Il libro, originale ed unico per le dichiarazioni inedite sia di Savasta, sia di Genova racconta con altre e nuove parole la storia delle Brigate Rosse e non solo. Un viaggio, quello dove Rao ci accompagna, che chiarisce molti punti oscuri della parabola brigatista e di chi li ha combattuti tanto da avere un “Colpo al cuore”…in tutte le librerie.
Un «colpo al cuore» è quello che ha avuto mentre scriveva o quello che avranno i suoi lettori?
Il colpo al cuore e’ quello che subirono le Brigate Rosse dal gennaio all’ottobre 1982 da parte dello Stato. E siccome per anni nei loro documenti, le Br avevano scritto di voler portare ”l’attacco al cuore dello Stato”, mi e’ sembrato un titolo piuttosto esemplificativo ed efficace per esprimere cio’ che contiene il libro.
Per rispondere alla sua domanda, direi che di ‘colpi al cuore’ mentre lavoravo al libro, ne ho subiti diversi, man mano che raccoglievo materiale, informazioni e rivelazioni. Spero che lo avranno anche i lettori del libro.
Quale degli avvenimenti narrati da Savasta e Genova l’ha maggiormente colpita?
Direi che Savasta, per la prima volta, si apre e si racconta ad un giornalista. Considerando il peso che aveva dentro le Br (di fatto il numero tre dell’organizzazione) ed il ruolo determinante che ha avuto dopo il suo arresto, quando, con le sue confessioni, ha di fatto contribuito ad assestare il ”colpo al cuore” al suo ex gruppo, di cose da dire ne aveva ed effettivamente me ne ha dette.
Sono molte le sue rivelazioni. Dal ruolo di Morucci Seghetti e Maccari nell’uccisione del militante di destra Mario Zicchieri (Roma, 29 ottobre 1975) al coinvolgimento di una brigata territoriale delle Br nell’eccidio di Acca Larenzia (due militanti missini uccisi e uno ferito il 7 gennaio 1978).
Dal pedinamento di Aldo Moro all’interno delLa Sapienza (inizialmente le Br volevano rapirlo dentro l’universita’), al ricordo di come custodi’ la Renault 4 usata per far trovare il corpo di Moro crivellato di colpi.
Ed ancora: l’uccisione a colpi di lupara del colonnello Varisco, i tentativi (falliti)di liberare i capi del nucleo storico detenuti nelle carceri sarde, il rapimento e la barbara uccisione dell’ingegner Talicercio, fino al sequestro del generale Dozier, con un paio di retroscena assolutamente inediti.
Il primo:il nucleo dei Br che entrò in casa del generale stava per essere sopraffatto dalla violenza e della forza del militare ed ebbe la meglio solo quando Savasta punto’ la pistola alla testa della moglie di Dozier.
Il secondo: al momento della liberazione e dell’assalto del Nocs al covo brigatista, a differenza di quanto si è sempre detto, le Br si accorsero dall’arrivo degli agenti e per questo uno dei terroristi si avvicinò a Dozier e gli punto’ contro la testa una pistola. E solo per una sua esitazione il generale restò vivo…
Insomma, di cose Savasta me ne ha dette davvero tante, compresa la vita quotidiana all’interno delle Br. Le loro paure, le loro follie, i loro timori, i loro passatempi, i loro amori e persino gelosie e tradimenti…
Perché Antonio Savasta decide di parlare solo adesso, per prudenza?
Sinceramente non so rispondere a questa domanda. Forse, a 30 anni da quegli avvenimenti, ha ritenuto che fosse passato un lasso di tempo sufficientemente lungo per poterne parlare con un minimo di distacco.
Insieme a Genova e le parole del terrorista chiamato in Veneto, lei chiarisce molti punti oscuri della storia delle br. Cosa è che “non torna” agli italiani?Provo a far luce sull’ultima stagione delle Br e soprattutto su un uso scientifico e sistematico del waterboarding da parte di una squadra del’antiterrorismo, guidata da un funzionario dell’Ucigos che entra in azione subito dopo il rapimento Dozier ed ottiene risultati efficacissimi: dall’arresto del leader brigatista Giovanni Senzani all’individuazione del covo dove veniva tenuto Dozier. Ecco, forse agli italiani “non torna” o non tornava fino ad oggi questo tassello finale: e cioè come, davvero, lo Stato riuscì ad assestare il “colpo al cuore” alle Br. Attraverso quali mezzi e quali episodi precisi.
Oggi secondo lei, “i quattro dell’Ave Maria” e i loro metodi, continuano ad esistere in altri panni?
Questo sinceramente non sono in grado di saperlo. So, però, che, anche ad esempio, per l’individuazione di Osama Bin Laden, poi ucciso in Pakistan da un nucleo speciale dei Neavy Seals, la Cia a Guantanamo si è avvalsa del waterboarding. A dimostrazione di come certe pratiche, certi trattamenti siano sempre esistiti ed esisteranno sempre in situazioni estreme in qualsiasi latitudine…
Oggi come le appare l’omicidio Moro?
Come mi è sempre apparso e cioè il tentativo più ambizioso, velleitario, spettacolare e criminale di un movimento terroristico in Europa di sovvertire l’ordine costituito.
Quale differenza tra il rapimento Moro e Dozier, un rapimento “senza senso” e subito risolto?
Le differenze sono enormi, anche perchè il contesto politico italiano ed internazionale era profondamente diverso. Nel ’78 le Br sono al culmine della loro parabola con un ambiente di fiancheggiamento piuttosto ampio ed un notevole brodo di coltura in cui muoversi. Il loro obiettivo dichiarato è quello di essere riconosciute come un vero e proprio partito politico, un antiStato.
Nell’82, invece, le Br sono in profonda crisi, divise in quattro gruppi in concorrenza tra loro e proprio il voler rapire un generale americano dimostra che il loro unico progetto politico sia quello di far ancora parlare di se’ in tutto il mondo, senza una prospettiva ed una strategia di medio-lungo periodo.
A Giorgio Vale la polizia ci arrivò tramite le informazioni estorte da questo gruppo “speciale” ma secondo lei la fine del militante dei Nar fu studiata a tavolino?
Di sicuro la polizia arriva a Vale grazie al watearboarding, probabilmente praticato dalla medesima squadra, come scrivo in ”Colpo al cuore”, ma non so e forse nessuno sapra’ mai con esattezza cosa accadde al momento dell’assalto dei nuclei speciali del Viminale all’appartamento dove si nascondeva Vale…
Il procuratore Papalia ed il generale Luciano Dalceggio non sono completamente d’accordo su quanto lei scrive su “Colpo al cuore”. E’ probabile che ci siano dei vuoti di memoria da parte di chi?
Io non credo in vuoti di memoria da parte di Papalia e Dolceggio. Secondo me loro ricordano bene ciò che hanno vissuto in prima persona, ma non possono sapere ciò che non hanno vissuto, come la pratica del waterboarding che, ovviamente, fu decisa e realizzata senza coinvolgere ne’ avvisare la magistratura o altre strutture…
Il magistrato Papalia, su l’Arena, parla molto chiaramente: crede stia mandando dei messaggi?
No, credo che sia in buona fede ma, ripeto, da quel che ho potuto ricostruire, non è a conoscenza di molte cose che accaddero anche a poche centinaia di metri dai suoi uffici…
Marina Angelo e Alessandro Ambrosini