A volte mi chiedo come appariremo a chi verrà dopo di noi. Per “noi” intendo quelli che appartengono alla mia generazione, anche se devo dire che la parola “generazione” mi suona così roboante e fuori luogo, più o meno come se invocassi l’avvento di Mazinga. In ogni caso, la mia generazione è quella dei nati nei primi anni Settanta, ma per estensione credo che possa comprendere anche le ultime frange dei Sessanta. Bene, non sono tipo che fa discorsi, appunto, generazionali. Però ogni volta che sento parlare i più vecchi, evocare ricordi legati indissolubilmente a fatti storici più o meno grandiosi, io cerco di immaginare un parallelo. E allora ecco che scopro di aver vissuto un’epoca in cui la Storia è stata, come dire, sospesa. Non perché fatti importanti non siano accaduti, ne cito tre a caso, il rapimento e la morte di Aldo Moro, la caduta del Muro di Berlino e l’Undici Settembre, ma perché quegli eventi, seppure drammatici e dalla portata enorme, non hanno praticamente inciso sulla vita mia quotidiana. Voglio dire, quei fatti sono stati rivolgimenti storici filtrati attraverso l’uso della Tv, in un certo senso, per un telespettatore come me, la verità di quegli eventi è appena uguale alla verità delle fiction. Mentre le generazioni precedenti hanno vissuto, affrontato, sopportato, patito, la Storia sulla loro pelle, perché la Storia si faceva nelle loro case e sulle loro ossa, quelli della mia età hanno una percezione della Storia meno “palpabile”, la Storia per noi è un concetto astratto e immateriale, qualcosa che accade al di là dello schermo e dei libri. È del tutto evidente che si tratta di una parentesi, fortunata aggiungerei, nella vicenda umana che va dall’antichità al futuro più remoto, ma proprio per questo mi chiedo come ci guarderanno, con che cipiglio, quelli che dovranno giudicarci sulla base dei nostri comportamenti e della nostra atarassia. Noi viviamo oggi nell’epoca dell’informazione, eppure l’idea che abbiamo noi di informazione è il risultato della nostra capacità, ancora infantile, di guardare obiettivamente a noi stessi e ai fatti che ci accadono. Forse è anche per questo che un bel giorno mi sono messo a scrivere, perché cercavo il verme nella mela splendente, perché anche le donne più ottuse e bellissime prima o poi invecchiano e muoiono, così come le generazioni, la mia in primis, che hanno creduto di essere eternamente giovani e disobbligate.
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