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ATTRAVERSO L’INTRICO di cavi vedo una persona che conosco bene. E’ mia figlia Minou piovuta da Parigi. Per fortuna l’altra figlia è rimasta a Copenaghen, altrimenti si azzufferebbero come gatte inferocite. «Papouneeeet! Come stai?» Le ho detto 1 miliardo di volte di non chiamarmi papounet e guarda il risultato . «Bene» rispondo, come se non si vedesse. «Papouneeeet! Oh, papounet.» La mia figlia in versione parigotta sfoggia jeans attillati, giubbotto di pelle Arturo, foulard Dior, borsa di pitone, stivaletti Sebago, dev’essersi rovesciata addosso un bidone di Pure Poison. Se è incinta, non si vede. Il suo I-phone spara Eine kleine Nachtmusik. «Scusa Papounet» dice, poi risponde : «Sí. No. Eh? Geniale. Ah. Allucino. Allucino. No. Ti richiamo. » Chiude il cellulare. «Papouneeet! Aspetta, vado alla toeletta.» Scompare per qualche minuto poi torna. «Come stai, papounet?» «L’anestesia non ha funzionato» rispondo per fare conversazione. «Mi sono svegliato con il tubo in gola” «No! Allucino.» I parigotti hanno sempre bisogno di intercalari idioti. Ai tempi di Louis XIV dicevano “Prezioso”, da cui i Preziosi. Ai tempi del Direttorio diceveno «Incredibile», da cui gli «Incredibili.» Adesso va di moda «allucino», da cui gli Allucini. «Come va il lavoro?» «Funziona. Faccio l’ufficio stampa. Funziona. Funziona. Funziona.» Mia figlia scrive come una dea, ma quando parla, meglio turarsi le orecchie. «Sei incinta?» «No, l’ho tolto. Il lavoro…» «Brava, a morte quegli stupidi feti che non servono a niente. Ma ricorda, l’aborto non va usato come contraccettivo. « E’ vero, ma in Thailandia ho vomitato la pillola. Cosí…» «Be’, non vomitarla più.» «Che cosa ti porto, papounet? Che cosa vuoi?» Rifletté un momento, poi dalle mie labbra aride esce una strana risposta: «Salambó». Non so perché, all’improvviso mi è venuta voglia di Flaubert. «Subito, papounet.» Parte e torna dopo mezz’ora con una copia di Salambó ben odorosa di ossido di zinco. E’ chiaramente un bouquin, un libro d’occasione. «So che ti piace l’odore, papounet.» Cara Minou, non per niente abbiamo passato una vita insieme. «Come stai, papounet?» «Meglio» rispondo per farle piacere. «Oh. Geniale. Geniale, geniale, geniale.» Poco dopo finisce l’orario di visita e deve andarsene. «Ciao Papounet, domani torno a Parigi. Ti telefono. Non preoccuparti, ho parlato con i medici, ti rimetteranno a posto, presto sarai come nuovo. Funziona, funziona, funziona. Okay, a presto. » Infila la porta e rimango solo con Dedé. Quando l’infermiera la caccia via, si china per baciarmi in uno spazio lasciato libero dai cavi, ma durante l’atto scoppia in lacrime. Dov’è finito il famoso self-control rwandese? Si riprende, scuote la testa, si asciuga gli occhi e lascia la stanza anche lei. Rimango solo e ho uno scambio di SMS con l’arabo che si è attaccato all’altra mia figlia a Copenaghen. “Perché ti attacchi?” chiedo. «Non hai ancora capito che non ti vuole?” Ricevo questa stupefacente risposta: «La domanda è formulata male, perché presuppone che le donne siano libere di scegliere.» E ci troviamo questi selvaggi fra i piedi ogni giorno. Presto, una legge che metta l’islam fuorilegge.
IN 2 ORE rileggo la battaglia di Macar e quella del Moloch. Descrizioni cosí possenti che al confronto il Signore degli Anelli sembra La Guerra dei Bottoni. Ho sempre cercato di scoprire il segreto dello stile di Flaubert, per me prossimo alla perfezione. Perfino il grande Proust dichiara di essersi formato su Flaubert, che a sua volta dichiara di essersi ispirato a Montesquieu. Cosí possiamo stilisticamente stabilire una linea Montesquieu-Flaubert-Proust. Stavolta mi aiuta un’ottima prefazione firmata Henri Thomas: «Questo seguito di tre frasi, questo triplo piano nel quale il soggetto cambia a ogni proposizione, si troverà spesso in Salambó: «Spuntava il giorno, risuonarono dei latrati, vi si avvicinarono». Ma certo! Ecco come fa a scrivere a 3 dimensioni. D’ora in poi anch’io cambieró soggetto a ogni frase. Se…
SI DICE che moribondi vedano una grande luce bianca, una moda lanciata dagli americani negli anni ’70 come l’aerobica e lo zen. Chiudo gli occhi e in effetti ho delle visioni un po’ psichedeliche. Provo a descriverle : un’immensa mandria di zebre che si deforma e diventa una maschera Scream, che si deforma e diventa 10.000 leoni, che si deformano e diventano un enorme drago che spalanca le fauci per divorarmi… Dev’essere la pressione bassa, il monitor si trova alle mie spalle ma so che all’ultimo controllo avevo 8. Provo uno strano senso di pace. Certo, ho ancora una nausea terribile, brucio di febbre e la bocca mi sembra fatta di cartapecora, ma mi sento in pace. Non soltanto, addirittura felice perché ho scoperto il segreto di Flaubert. Credo di sapere perché: il mio corpo si sta preparando alla morte. Con la sua grande saggezza, la natura ha ha dotato il corpo di una dolcissima preanestesia per facilitare il passaggio dalla veglia al coma e quindi al trapasso. Provo un delizioso senso di pace. Mi viene da sghignazzare se penso ai teisti che dicono «al momento di morire avrai paura e ti convertirai.» Ai quei poveri teisti con la loro stupida ossessione del bene e del male, del paradiso e dell’inferno, che s’inventano una vita dopo la morte ma al momento di crepare se la fanno addosso. Poveretti, tutta la loro vita è una battaglia contro la natura. La detestano mentre noi liberi pensatori l’amiamo. Viviamo con la natura, ne siamo una parte, apparteniamo all’universo. Fluttuiamo in alto, liberi e superiori, siamo l’universo. Banda di selvaggi, prigionieri delle stupide gabbie che vi siete fabbricati con le vostre mani, guardate come muore un libero pensatore. In pace !
GUARDO LE MIE BRACCIA ridotte all’osso e martoriate dalle flebo, sento la bocca simile ai Rotoli del Mar Morto. Vale la pena di vivere cosí? «Lasciati andare »,mi suggerisce una voce insidiosa. «Abbandonati a questa pace. Basta flebo, basta nausea, basta bocca piena di sabbia. Lasciati andare, addormentati, ti prometto che non soffrirai. » La tentazione è forte. E se… ? Cosí, solamente per provare?
IL CELLULARE sul tavolo accanto s’illumina e ronza dolcemente. Cerco di prenderlo ma sono steso sul sulla schiena e non posso girarmi. Accidenti, perché non l’ho posato sul letto ? Con la sinistra non ci arrivo, è troppo vicina e non posso girarla. Ci arriverei con la destra se non fosse trattenuta dal tubi delle flebo. Alla fine, a prezzo di sforzi sovrumani, riesco a prendere il cellulare. C’è un messaggio di Dédé : «Senza di te mi sento tutta sola.» «Imbecille», mi dico. «La tua vita non ti appartiene. Vuoi lasciare quella donna? Ti ama più della vita e tu la ricambi lasciandola sola? Vuoi lasciare i tuoi gatti, le tue figlie, gli amici, il mondo che ha bisogno di te? Combatti. Mostra a quegli stupidi dei che sei il più forte. Vogliono la tua pelle, tu avrai la loro. Uccidi Dio, Jehova, Allah, Brahma, Shiva, Visnu, Anaitis, Astarte, Derceto, Astoreth, Mylitta, Athara, Elissa, Tiratha, Tanit (scusate, sono sotto l’influenza di Salambó). Massacra questa banda di spiriti perversi. Quando li avrai fatti fuori, sarai il padrone dell’universo! Porterai la Luce! Farai regnare l’Ordine, la Ragione, l’Amore!
ORA SO come la natura prepara alla morte. Quando verrà la mia ora, non avró paura. Temo soltanto il dolore. Se dovessi soffrire, chiederó l’eutanasia. La vita è nostra e ce la gestiamo noi.
Dragor
(continua)