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Come essere polli (da spennare) e non saperlo
Creato il 06 febbraio 2014 da Vincitorievinti @PAOLOCARDENARacconta di essersi recato in banca qualche settimana prima, e di aver liquidato il patrimonio mobiliare nella sua disponibilità. Racconta anche che, nonostante fosse stato sconsigliato dal direttore della filiale, ha convertito tutto il ricavato dalla vendita di titoli in valute pregiate, depositando il malloppo in una cassetta di sicurezza della banca. Aggiunge anche che ha esteso la garanzia assicurativa contro furti che la cassetta di sicurezza potrebbe subire, elevandola allo stesso livello del patrimonio ivi depositato: 500 mila euro, circa. Quindi, sostenendo dei costi aggiuntivi non del tutto trascurabili. A parte il fatto che in un mondo invaso da carta igienica, talvolta anche usata, non si capisce poi così bene quale valuta possa ritenersi pregiata (se non per rare eccezioni), potremmo affermare che ci troviamo dinanzi al classico pollo che non si accorge di essere pollo. E, come tutti i polli, prima o poi, rischia di essere spennato. Solo che i polli, quelli veri, in genere, vengono spennati da morti. Il nostro amico, siccome è un pollo finto, ha anche l'aggravante di rischiare di essere spennato da vivo.
Il ragionamento che ha fatto questo signore per proteggere i suoi risparmi potrebbe risultare condivisibile, ma fino ad un certo punto. Infatti, almeno in via di principio, convertendo il patrimonio mobiliare in sostanze liquide, seppure assolutamente legale, potrebbe apparire una soluzione vincente; quando, in realtà, ci sono comunque dei rischi di non poco conto, che andremo ad analizzare tra breve.
Se l'intenzione del nostro amico fosse quella di sfuggire ad una imposta patrimoniale, liquidare i propri investimenti, convertendoli in sostanze liquide, potrebbe essere un ottima soluzione, per il semplice motivo che il fisco non può tassare ciò di cui non conosce l'entità, la collocazione, e il soggetto che ha la disponibilità delle sostanze liquide. Inoltre, secondo il ragionamento che, immagino, avrà osservato il nostro amico, si sarà detto che una diversificazione valutaria potrebbe risultare un buon affare in caso di break up dell'euro, ossia in caso di ritorno alle valute nazionali. Questo perché, se si dovesse reintrodurre una nuova valuta (chiamiamola newlira), potrebbe essere logico attendersi che determinate valute nel portafogli possano rivalutarsi nei confronti della nuova valuta. E anche questo potrebbe risultare verosimile, determinando delle plusvalenze che si incasseranno successivamente, all'atto della conversione delle valute nella nuova valuta nazionale. Ma ci sono dei SE, che non sono affatto di poco conto.
Tralasciando il rischio cambio insito in una diversificazione di questo genere, che potrebbe comunque essere arginato strutturando una serie di derivati a copertura del rischio (sostenendo comunque ulteriori costi non del tutto trascurabili), ciò che non considera il nostro amico sono essenzialmente quattro tre fattori, anch'essi non del tutto trascurabili, a mio avviso.
Primo: ammesso e non concesso che prelevare in contanti (e convertire) una somma di denaro dal proprio conto corrente, potrebbe accendere l'interesse del fisco, che potrebbe essere indotto a promuovere qualche accertamento non solo limitato alla sfera di quel patrimonio, il vero problema, sotto il profilo fiscale, sorge successivamente, magari dopo molto tempo, nella fase di riemersione di queste sostanze liquide. Cioè, quando un giorno queste valute torneranno nel conto corrente. Perché, è ovvio, la banca, non solo ai fini della normativa sull'antiriciclaggio, sarà tenuta ad effettuare le relative segnalazioni alle autorità preposte. E posso garantirvi che segnalazioni di tale entità danno assai nell'occhio. Quindi, ammesso che si eviti l'accertamento del fisco in occasione del prelievo dal conto, è abbastanza remota la possibilità che possa essere evitato successivamente, in futuro, in occasione della riemersione delle sostanze, con il versamento sul conto corrente. E, in questo caso, l'onore di provare la legittimità (non solo fiscale) del patrimonio versato sul conto, spetta al risparmiatore, che rischia di diventare anche contribuente, per via dell'accertamento fiscale che potrebbe subire. Tuttavia, nulla di particolarmente preoccupante (?), se si pongono in essere le dovute cautele.
Secondo: e' chiaro che, chiunque depositi dei valori in una cassetta di sicurezza, voglia anche avere tutte le garanzie, in termini assicurativi, circa il fatto che i propri valori siano custoditi in tutta sicurezza e tranquillità. Quindi, anche al riparo da furti. In genere, quando si paga il canone relativo alla cassetta di sicurezza, questo comprende anche un'assicurazione contro il furto, che copre, nella maggior parte dei casi, fino ad un massimo di 2500/5000 euro di valori depositati. Va da se che se si depositano valori significativamente più elevati, occorre quantomeno elevare la garanzia fino allo stesso livello delle somme ivi depositate, pagando l'integrazione assicurativa, che sono comunque dei bei soldini. Si da il caso che le banche, nell'ambito delle comunicazioni che sono tenute ad effettuare periodicamente al fisco, siano obbligate a segnalare anche i dati anagrafici dei titolari di cassette di sicurezza, i relativi accessi e, guarda caso, anche il valore dell'assicurazione posta a tutela delle somme ivi depositate. Ciò potrebbe lasciar supporre che, in caso di una eventuale imposta patrimoniale, il fisco potrebbe essere tentato di colpire anche le cassette di sicurezza ampliando la base imponibile del prelievo, fondando la pretesa proprio in base al valore dell'assicurazione. A parer di chi scrive, per quanto esistano dubbi sulla legittimità di un eventuale imposta patrimoniale fondata su una base imponibile assunta in base al valore assicurato di una cassetta di sicurezza, è chiaro che, se così non fosse, il fisco potrebbe colpire i valori depositati al pari di altri tipi di impieghi o di investimenti. Quindi, gli sforzi profusi dal risparmiatore per mettere al riparo i risparmi dall'aggressione del fisco, potrebbe risultare del tutto vani, se non, addirittura, almeno parzialmente, letali.
Terzo: e anche questo è una fattore di non poco conto, che determinerebbe dei costi che potrebbero essere addirittura superiori all'imposta patrimoniale che si vorrebbe evitare. Per quanto siano preoccupati (e anche inquietanti) i segnaliprofusi da molteplici esponenti politici e non, che si dicono favorevoli all'applicazione di un'imposizione patrimoniale straordinaria, non è fatto detto che si possa giungere ad una soluzione del genere e che lo si possa fare in tempi brevi. Pertanto, ammesso che, depositare il proprio patrimonio liquido in una cassetta di sicurezza, possa considerarsi una strategia priva di rischi (ma, come abbiamo dimostrato, non lo è affatto), esiste l'ulteriore rischio di dover prolungare per un periodo di tempo non breve questa strategia, rinunciando, quindi, a qualsiasi forma di remunerazione, ad esclusione di quella eventualmente derivante dall'apprezzamento delle valute stranieri, qualora siano state depositate sostanze liquide in valuta estera. Analogo ragionamento può essere osservato per coloro che intendano depositare nelle cassette di sicurezza sostanze liquide in valuta straniera, al fine di avvantaggiarsi da un eventuale crollo della moneta unica, poiché non è affatto detto che ciò avvenga (anzi, appare abbastanza remoto) e soprattutto quando possa avvenire. In questa ultima i ipotesi, si ritiene che i tempi non siano affatto brevi.
Quarto: L'ultima considerazione da fare riguarda poi la solidità della banca prescelta. Nel senso che occorrerebbe comunque valutare con molta attenzione la banca sulla quale depositare il risparmio, stante il precario equilibrio in cui versano un numero non del tutto trascurabile di banche, sia grandi che piccole. Ma questo, a dire il vero, andrebbe fatto e ponderato con estrema cautela per qualsiasi tipo di investimento e/o deposito, onde evitare che i risparmi di una vita possano andare in fumo.
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