Si parla ormai da tempo di Enterprise 2.0, di aziende collaborative o sociali, di intelligenza collettiva e di nuovi modelli di management e leadership legati allo sviluppo di modalità di gestione partecipativa. Un recente rapporto di McKinsey Global Institute ha ora valutato l’impatto economico positivo legato alle nuove modalità di gestione: tra i 900 e i 1.300 miliardi di dollari con un aumento della produttività stimato tra il 20 e il 25% nei soli Stati Uniti.
La Social Economy sarà la prossima rivoluzione industriale? Le premesse sembrano essere positive. La velocità con cui i Social Network – sostanzialmente inesistenti fino a sette anni fa – si sono diffusi fino a raggiungere oltre un miliardo e mezzo di persone li ha fatti diventare non solo un fenomeno sociale, ma anche economico – basti pensare a come hanno influenzato il processo di acquisto dei consumatori – culturale – per il cambio di linguaggio e di modalità di condividere conoscenza – e politico – dalla campagna di Obama fino alle rivoluzioni arabe. Lasciare queste modalità fuori dalle aziende sarebbe non solo miope ma anche antieconomico. Il rapporto infatti cita come, nel 2011, il 72% delle aziende USA intervistate adottasse tecnologie sociali nella propria attività e il 90% di queste avesse visto benefici tangibili. Ma anche negli Stati Uniti la percentuale cala drammaticamente quando si passa a esaminare le Piccole e Medie Imprese: solo il 31% usa tecnologie sociali.
Se l’80% della popolazione online è connessa con qualche Social Network o tecnologia sociale (es. blog, forum, ecc.) solo il 3% delle aziende viene indicato dallo studio come fully networked, ovvero in grado di ottenere benefici sostanziali attraverso la connessione con tutte le parti dell’organizzazione, i consumatori e i partner esterni.
Valore e Tecnologie Sociali
Quali sono le tecnologie sociali, e le applicazioni insite in esse, che possono essere utilizzate dai consumatori e dalle imprese? Il report ne fa una efficace sintesi in questa immagine:
Ma attraverso quali meccanismi le tecnologie sociali riescono a creare valore? Lo studio ha analizzato quattro settori industriali – beni di consumo, servizi finanziari, servizi professionali, manifatturiero avanzato – che complessivamente generano il 20% del valore totale della produzione americana, e ha identificato 10 leve attraverso cui le tecnologie sociali possono generare valore per le aziende. Quattro gli ambiti organizzativi aziendali principalmente interessati: ricerca e sviluppo di prodotti, operations e distribuzione, marketing e vendite, servizio al cliente.
McKinsey sintetizza tutto in questa chart:
L’area Marketing, Vendite e Post vendita emerge come quella con il maggiore potenziale economico, con 500 miliardi di dollari di creazione di valore, seguita dallo Sviluppo di Prodotto e Operations con 345 miliardi e 230 miliardi dal miglioramento delle attività di supporto al business. L’aspetto più rilevante è che due terzi di questo valore proviene dal miglioramento della comunicazione, della collaborazione e del coordinamento dentro e fuori l’azienda. Avviare processi conversativi non solo non è dannoso per le aziende – contrariamente a quanto molte ancora pensano – ma è anche economicamente conveniente vantaggioso.
Quali aziende possono raccogliere i maggiori benefici?
Lo studio si spinge anche oltre i settori analizzati e identifica le tipologie di aziende che possono beneficiare maggiormente dall’introduzione di tecnologie sociali in tutta la filiera, interna ed esterna: sono le aziende con
- una elevata percentuale di lavoratori della conoscenza o con un’alta incidenza di capitale intellettuale
- una forte dipendenza dalla percezione del consumatore e del riconoscimento del brand
- la necessità di preservare una reputazione molto positiva per rafforzare la credibilità e la fiducia dei consumatori
- distribuzione di prodotti e servizi anche (o solo) attraverso il canale digitale
- Un’offerta di prodotti o servizi esperienziale (es. hotel) o ispirazionale (es. sport drink)
Lo studio si spinge ad affermare che, nel caso di aziende di largo consumo, l’utilizzo di tecnologie sociali lungo tutta la catena del valore può aumentare i margini anche del 60%. Una cifra estremamente allettante in questi tempi di crisi.
La ricerca sottolinea però un aspetto fondamentale: non è sufficiente spostare i budget dai canali tradizionali ai Social Media per raggiungere questi risultati ma occorre creare programmi articolati e ben strutturati che, spesso, coinvolgono online e offline.
Per chi creano valore le tecnologie sociali?
L’applicazione delle nuove tecnologie può portare benefici a entrambi i principali attori della filiera, ovvero consumatori e aziende.
Una parte considerevole del valore creato (la cifra di 900 – 1.300 miliardi di dollari) dovrebbe essere a beneficio dei consumatori sotto forma di prodotti migliori e più efficienti, prezzi più bassi, servizi migliori, migliore risposta ai bisogni. Anche la condivisione all’interno delle community può portare a vantaggi considerevoli come la possibilità di condividere esperienze, recensioni, giudizi e commenti.
Ma anche le aziende possono migliorare la produttività del 20-25%. Come? Innanzitutto migliorando il processo di comunicazione spostandolo dalle modalità one-to-one a one-to-many in modo che chiunque possa essere interessato o coinvolto in una comunicazione, possa restare al corrente dei contenuti rilevanti. Oggi molte conoscenze aziendali – sottolinea sempre il rapporto – sono chiuse nelle caselle email e questo genera inefficienze e perdite di tempo nel reperire le informazioni. L’utilizo di tecnologie sociali potrebbe ridurre l’utilizzo di email del 25% recuperando il 7/8% di produttività, così come il tempo speso nelle ricerche di informazioni potrebbe essere considerevolmente ridotto, recuperando un ulteriore 6%.
Ma l’investimento in nuove tecnologie deve essere accompagnato anche da un cambio nelle metodologie di management che devono aprirsi ad approcci più dialogici.
Un cambiamento di mentalità nel management
Oggi sembra proprio essere il top management il principale ostacolo al cambiamento e alla transizione verso nuove forme di management e di leadership.
Secondo una recente ricerca, sono solo 20 gli amministratori delegati delle 500 aziende più importanti (Fortune 500) ad avere account sui social network. Ultimo in ordine di tempo, Larry Elliston, di Oracle (colosso della tecnologia) che ha emesso il primo tweet lo scorso 6 giugno. E da allora non ha più twittato.
L’adozione di tecnologie sociali richiede un profondo cambio di mentalità all’interno delle aziende. Non è sufficiente, come sottolinea anche il rapporto, aprire un account, ma serve ripensare la struttura aziendale, i processi, le relazioni interne ed esterne in chiave collaborativa. E’ chiaro che, un cambiamento di una simile portata, non può essere compiuto senza il pieno impegno del top management.
Ma, dopo questo rapporto, è caduto anche l’ultimo alibi: le tecnologie sociali servono a creare valore.
Alessandro Santambrogio - Liquid Communication
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