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Come liberarsi di sé stessi e scrivere (forse)

Da Marcofre

Per prima cosa lasciatemi affermare questa banale realtà. È falso che scrivere sia semplice, alla portata di tutti. È una faccenda complicata perché occorre liberarsi per prima cosa dell’ostacolo più grande, stupido e volgare che esista sulla faccia della terra. Questo ostacolo siamo noi stessi.

L’autore che inizia ad avventurarsi attraverso la foresta delle Lettere di solito lo fa da solo. Dico “da solo” perché come si sa, in questo Paese la lettura non riscuote molto consenso.

È un bel paradosso: in officina diventerò un meccanico capace solo se riparerò decine di motori in panne. Dovrò imparare a cambiare olio, ad ascoltare il motore per individuarne i suoni insoliti e distinguerli da quelli soliti. Alcune magagne dell’automobile le individuerò solo sterzando in una curva. Ci vuole tempo e una grande quantità di automobili. E alla fine può anche essere insufficiente (perché non sono portato).

Aver letto i libri di scuola per molti è sufficiente per poter scrivere; pensano che non sia necessario altro.

Qualora l’autore abbia al contrario letto molto, si troverà a combattere contro il nemico più infido che esista. Soprattutto perché lo crederà un formidabile alleato. Sé stesso, appunto.

Facciamo il punto della situazione, prima di ogni altra cosa. Occorre avere del talento (e pochi ce l’hanno, mi spiace). Aver letto di tutto e di più. Poi inizia il vero lavoraccio, secondo me, e che non si svolge sulla pagina (cartacea o digitale che sia). Poiché si tratta di smantellare sé stessi.

Non mi riferisco neppure all’autobiografismo, spesso un vero flagello nelle opere degli esordienti. Chiunque è persuaso di essere il primo essere umano piantato da una ragazza; di aver vissuto una vacanza straordinaria a Malta. Eccetera eccetera. Ma questo, anche se può apparire incredibile, non è ancora il problema autentico.

Il vero ostacolo è avere un personaggio, e imporgli la propria visione del mondo. Se accade (e di solito si verifica di frequente), abbiamo solo uno specchio in cui ci muoviamo noi stessi sotto falso nome. Non il personaggio, che giacerà da qualche parte, in attesa almeno di cristiana sepoltura.

Come diavolo si riuscirà a togliere di mezzo questa presenza tanto ingombrante? Perché, come ho cercato di spiegare prima: il personaggio può esserci e risultare persino convincente a una prima occhiata.

Purtroppo non basta. Qualunque idea sulla carta può essere “geniale”, così come qualsiasi intreccio può far storcere il naso, perché banale. Tutto dipende dagli sviluppi, dallo stile, dalla propria voce.

Quando l’autore interviene, pontifica, spiega, parla invece di mostrare, allora abbiamo un problema. In fondo scrivere non è pescare solo dalla propria esperienza: non è necessario ad esempio avere dei figli per riuscire a scrivere una storia con dentro dei bambini. Sono certo però che sia indispensabile scendere nella realtà, frantumarne la superficie per portare a galla quello che davvero è vivo e respira. L’obiettivo finale, non scordiamocelo, è consegnare al lettore qualcosa di valore, di efficace.

Perché questo salto di qualità si verifichi, immagino sia indispensabile prendere atto che la realtà che raccontiamo non è fatta di chiacchiere o parole: bensì di persone. Queste hanno carne, sangue, odore e colore. Fino a quando tutto questo sarà considerato superfluo, inutile, tutto sommato secondario, sarà inevitabile scrivere di sé stessi e per sé stessi. Perché risulterà difficile, faticoso, e si preferirà percorrere una strada più sicura e conosciuta. Quella che ha noi come protagonisti.

Ribadisco: non è solo l’autobiografismo che è anch’esso di difficile pratica (scrivere è comunque un impegno, e se l’obiettivo è creare qualcosa che resti, sarà sempre una faticaccia. Lo so, non come quella dell’operaio, ma resterà una faticaccia).

Parlo proprio di racconti, o romanzi, dove chi scrive è persuaso che si debba esporre in prima persona. Niente di più sbagliato. C’è il tuo nome in copertina, non ti basta? Se senti il bisogno o il dovere di farlo anche all’interno di una narrazione, sei in errore. Se con le parole non costruisci carne e sangue che sappiano muoversi, agire con altra carne e sangue, non puoi ricorrere a te stesso. Probabilmente devi imparare oltre che a leggere tanto, a osservare molto. A contemplare in silenzio la vita.


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