Da settimane, sto rivedendo senza fretta un insieme di racconti.
Prima di tutto, agire con calma. Tanto qualunque scadenza uno si dia, puoi star certo che non riuscirai mai a rispettarla. E poi, là fuori, non c’è nessuno che muore dalla voglia di leggere quello che io ho scritto.
Ma se c’è, perché rischiare di fornirgli qualcosa di troppo zoppicante? (Non deve essere perfetto: ma almeno interessante, questo sì).
Il sistema è sempre lo stesso: stampare i racconti, munirsi di righello e matita. Quindi lettura ad alta voce.
È fondamentale però, prima di arrivare a questo punto, lasciare passare dei mesi.
Dimenticare quello che hai scritto.
I dialoghi, o quello che ci sarà nella pagina seguente, nel paragrafo successivo, devono essere inediti. Nuovi.
Solo in questo modo si rilegge sul serio. Se non si arriva a scordare quello che si è scritto, succede che non si legge affatto. Ci si affida alla memoria. All’entusiasmo per il “bel lavoro” svolto, e si ignorano ripetizioni, errori, ridondanze. Di questo ho già parlato in passato: quando si è troppo coinvolti con la materia che si è lavorato per così tanti mesi, non si legge.
Inoltre (anche di questo ho già scritto), il cervello cerca sempre di lavorare il meno possibile, soprattutto quando “sa”, conosce quello che trova. Se gli facciamo rileggere una storia finita la settimana scorsa, puoi scommettere che lui si affiderà alla memoria, e non ti farà trovare banali refusi.
Perciò ti sembrerà di leggere, mentre stai solo scorrendo con gli occhi la pagina. Crederai di analizzare parola per parola, ma invece, proprio perché il ricordo è fresco, ti limiterai a leggerne una specie di bislacco sunto. Qualcosa come:
Quel ram del lag di … che volge a mezzog tra 2 cat non inter di mont
E non ti accorgi di aver scritto “mezzogorno”, e quando succede, mesi dopo, e per pure caso, la tua fronte cercherà un contatto estremamente ravvicinato con gli spigoli di casa tua.