La domanda che molti si fanno è: ma come si scrive un racconto?
La risposta (l’unica onesta) è la seguente. Se non lo sai tu, nessuno sarà mai in grado di aiutarti. Il punto è che molti sono alla ricerca della ricetta perfetta che permetta loro di confezionare in breve tempo uno o più racconti.
La domanda che invece ci si deve porre è: ammesso che tu legga (e scommetto i baffi che non ho che NON leggi perché “Ho troppo da fare, io”) come leggi? Perché non è sufficiente avere una libreria fornitissima per capire.
Un racconto non è un insieme di avvenimenti, con un po’ di dialogo e qualche descrizione. È una costruzione. Non esista al mondo nessuna costruzione che non segua delle leggi. Puoi infrangerle, però devi conoscerle prima. Quali sono queste leggi?
Te le lascio scoprire da te. Lo so che gli elenchi sono tra le cose che le persone adorano. Torniamo invece a parlare di come si deve leggere se si vuole arrivare da qualche parte.
Sono passati vent’anni e ancora gli sembra ieri.
Questo è l’incipit di un racconto di Mario Rigoni Stern, intitolato “Di là c’è la Carnia”, ed è tratto da “Il bosco degli urogalli”. Ce ne sono di migliori, di peggiori. Non mi interessa stabilire una classifica. La domanda da porsi è: ha efficacia? La risposta a mio parere è: sì.
C’è un protagonista ancora senza nome, però sappiamo già che è un uomo (gli). Non solo: in una manciata di parole lo scrittore riesce a catturare l’attenzione del bravo lettore. Come?
Fa leva sul fascino che i ricordi, il passato, ha su ciascuno di noi. Anche se si hanno tredici anni, certe frasi, soprattutto quando hanno a che vedere con il passato, catturano e all’improvviso si è dentro la storia.
Non sto affatto dicendo che un racconto deve avere a che fare coi ricordi. Sarebbe una semplificazione. Siccome si tratta di parlare della vita (che come tutti sanno: è brutta sporca e cattiva, oltre ad avere un umorismo orribile), non si può seriamente credere di riuscire in questa impresa se si ha la presunzione di essere superiori.
Imparare a leggere, permette almeno di scoprire che quelle parole non sono state gettate lì a caso. Agli inizi della sua carriera, Charles Dickens lavorava in maniera febbrile (lo farà sempre in verità) e si può notare nelle sue opere giovanili una certa approssimazione. Che però col tempo e l’esperienza, sarà combattuta; perché lui stesso si rende conto che è necessario una maggiore precisione.
La ricetta per scrivere un racconto, se esiste, è da qualche parte nei libri che leggi. Non è un insieme di ingredienti o istruzioni, bensì intuizioni fortuite.
Auguri.