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Come se non fosse mia

Da Marypinagiuliaalessiafabiana

Come se non fosse mia

Una pubblicità apparsa sul web su questo sito. La pubblicità lede la sessualità femminile. La donna utilizzata come un oggetto, che la deve dare via come se fosse una sorta di buco nato per svuotare le palle agli uomini, farli sentire importanti e dominatori.

E’ veramente vergognoso che un’azienda tratta delle lavoratrici in questo modo.

Non è la prima volta che una pubblicità prende il nostro corpo lo taglia a pezzi e mette a disposizione tutte la nostre zone sessuali, decidendo quale comportamento sessuale dobbiamo avere e trattandoci come prostitute.

In questa pubblicità  non appare nè culo, nè fika e ne tette, c’è la testa. Ma una testa senza autorevolezza. Una modella che deve recitare la parte di una dipendente discriminata e molestata nella sua intimità.

Ultimamente le pubblicità rappresentano il genere femminile in modo violento e non solo stereotipato. La pubblicità è andata oltre. Riproduce i desideri più bassi dei maschi italiani sottoforma di pretese e soprusi.

Desideri dalla quale nessuna donna acconsentirebbe. Nessuna donna vorrebbe essere relegata nell’eterno e senza via d’uscita ruolo della richiamatrice sessuale che deve darla via senza alcun rispetto per se stessa. Il termina “darla”  o “darla via” cela qualcosa che non deve appartenere alla donna. In poche parole: darla come se non fosse nostra.

Allude ad un consenso viziato, una specie di obbligo sociale della donna. Per questo fa parte dello stesso humus della cultura dello stupro.

Non solo noi ce la riprendiamo ma non siamo a disposizione di nessuno,come disse Rosy Bindi quando fu offesa dal premier in quanto donna.



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