Ecco che nell’ambito della decima edizione del Pisa Book Festival, svoltosi dal 23 al 25 novembre 2012, il Translation Centre, a cura di Ilide Carmignani, ha organizzato un incontro intitolato “Come si fa una proposta editoriale”. Quale migliore occasione per capire finalmente di cosa si tratta esattamente? Via, si parte!
Riesco ad arrivare circa mezz’ora prima che l’incontro abbia inizio e noto con stupore che, nel giro di pochi minuti, la piccolissima saletta messa a disposizione per la conferenza si riempie di traduttori e aspiranti tali. Sono stupita perché, come è noto, il lavoro del traduttore è alienante e solitario. Più ore passo da sola davanti al computer a perdermi nelle pieghe del testo che traduco, più mi sembra impossibile che là fuori ci siano migliaia di traduttori che tutti i giorni fanno la mia stessa vita. È stato bello vedere tutti quei visi, quei maglioni colorati, le scarpe sportive, i jeans e i libri che molti di noi leggevano in attesa che la conferenza iniziasse. Mi sono riconosciuta in quella platea colorata e variegata. È stato bello. Ma bando al sentimentalismo e torniamo ai dati di fatto.
Partecipano al seminario Daniela Di Sora (direttore editoriale di Voland), Angelo Molica Franco (traduttore), Francesca Casula (Aìsara) e Rachele Palmieri (editor dell’agenzia letteraria Lotto 49). A coordinare il seminario c’è Ilide Carmignani. Il seminario è stato molto utile perché finalmente ho avuto modo di sentire, dalla viva voce di chi lavora tutti i giorni nel mondo dell’editoria, come si fa una proposta editoriale, argomento che nei corsi universitari dedicati alla traduzione non viene mai menzionato.
Tutti gli interventi hanno avuto un taglio decisamente tecnico e questo è stato senza dubbio molto utile a chi è interessato allo scouting letterario per cercare di avere qualche possibilità in più come traduttore. Ciò che tutti i partecipanti alla conferenza hanno messo in luce è un dato piuttosto interessante: al giorno d’oggi, saper tradurre non è più un requisito sufficiente.
Per poter diventare un traduttore editoriale non basta più saper tradurre, essere veloci, rispettare le norme redazionali e i tempi di consegna, ma il traduttore editoriale del ventunesimo secolo deve:
- saper tradurre
- conoscere profondamente il mercato editoriale italiano e straniero delle lingue da cui traduce e deve, ovviamente, conoscere molto bene i cataloghi delle case editrici a cui vorrebbe proporre un libro
- saper riconoscere il caso editoriale da proporre all’editore italianoperché, come ha tenuto a precisare Francesca Casula, è ora di smettere di credere che all’editore interessi pubblicare libri di qualità. Un libro è un prodotto e la casa editrice è un’azienda che deve produrre fatturato. Perciò, se anche scoprissimo un gran bel libro che probabilmente verrà letto da pochissimi lettori, possiamo stare tranquilli che la nostra proposta sarà quasi certamente cestinata dato che in Italia si pensa solo al fatturato. Prova ne è l’immenso successo delle “50 Sfumature” e di tutti i romanzi porno soft che ne sono seguiti.
- saper fare, ovviamente, la proposta editoriale nel modo giusto, ma quello che mi ha lasciata un pochino perplessa è stato sentire più volte lo stesso tipo di commento (ripetuto praticamente da tutti i partecipanti al seminario) e cioè che il traduttore deve stare attento a fare la proposta editoriale nel modo migliore possibile affinché la casa editrice faccia la minor fatica possibile nel valutare la proposta in questione.