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Come si scrive un racconto

Da Marcofre

Il titolo del post può trarre in inganno, perché qualcuno potrebbe pensare di trovare qui gli “ingredienti” per riuscire a scrivere uno o più racconti.
In realtà non troverai niente di tutto questo. Prima che qualcuno inizi a rumoreggiare (*), meglio che spieghi.

Il mio è solo un modo per ricordare quale debba essere l’atteggiamento indispensabile per muoversi nella giusta direzione. Quindi è qualcosa che sarebbe bene “indossare” prima. E attenzione: anche se si prende la giusta strada non è detto che si arrivi da qualche parte, anzi. Adesso cominciamo:

  • Non pensare che sia facile. Il racconto ha questa fama: siccome non è un romanzo, allora è più semplice. In realtà è un ragionamento sbagliato perché presuppone che nella scrittura ci sia qualcosa di facile. A parte la dimensione, romanzo o racconto richiedono la medesima disciplina e serietà.
    Sì, Flannery O’Connor spiegava di preferire il racconto perché aveva subito l’idea di dove andare a parare (beh, più o meno). Il romanzo dopo due anni che sei lì a scrivere non hai ancora come chiuderlo.
    In realtà la O’Connor in un’altra occasione spiegava che pure per i racconti il finale si svelasse con lentezza, ma sì, ha ragione. L’essenziale è ricordarsi sempre che scrivere è un affare ostico.
  • Non credere che sia semplice da piazzare. Qui dipende dalle tue ambizioni: vuoi pubblicare su una delle piattaforme di self-publishing presenti in Italia? Bene, allora non c’è problema. Nessuno ti dirà mai che i racconti non hanno mercato. Magari vorresti che, sì insomma, un editore… Auguri.
    Ci sono editori che pubblicano racconti, certo, ma sono pochi. Non solo: di solito si preferisce che abbiano una certa unità (qualunque cosa voglia dire, è un argomento che raccoglie consensi). Altro argomento con cui si liquida il racconto: la visione d’insieme (che manca ovviamente). Anche qui le interpretazioni si sprecano, ma funziona per scaricare i racconti.
  • Datti pure una scadenza, tanto non la rispetterai. In genere si inizia così: entro l’anno finirò la storia. Se rispetti l’impegno, o addirittura termini prima del tempo, forse hai un problema.
    La letteratura è zeppa di scrittori che NON consegnano i loro lavori nei tempi richiesti. La casa editrice di solito assume una creatura implacabile (di solito di sesso femminile, affinché sia davvero implacabile) detta: Sollecitatrice di Opere Scrittorie. Costei inganna biecamente l’autore; prima lo maltratta per il ritardo. Poi gli concede un’ulteriore dilazione. Salvo tornare alla carica il giorno seguente,  affermando ghignando che “la dilazione” è frutto della fantasia malata dello scrittore.
    Faccio fatica a credere che sia possibile darsi una scadenza e rispettarla: troppe sono le variabili. Quello che ti sembra uno sviluppo interessante, diventa d’un tratto banale. Allora si cancella e si ricomincia. E l’anno vola via.
  • Non cercare fuori di te. D’un tratto, capisci che l’unica sistema vincente (forse), per scrivere un racconto (o scrivere qualcosa di efficace), ce l’hai dentro di te. È inutile cercare sul Web o in giro la scintilla. Puoi, anzi devi leggere tanto, e dedicarti a passare al setaccio le opere dei Migliori, e i libri che spiegano come scrivere un racconto. In libreria non mancano e il loro numero probabilmente aumenta. Poi, un giorno, capisci che qualcosa, accade. Tutto ciò che hai letto, accumulato, imparato, si srotola. Non è chiaro, né finito o definito, ma almeno esiste, e respira.
    Però non è detto che l’esito sia quello desiderato.

 

(*) rumoreggiare è il termine che ho adottato  e che mi sono impegnato a usare sino a novembre 2012. Per saperne di più vai sul sito della Dante.


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