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La Traviata come dovrebbe essere rappresentata
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IERI SERA ho visto su Arte l’opera inaugurale della stagione lirica della Scala di Milano, la Traviata, che un certo Dimitri Tcherniakov di nazionalità russa ha avuto l’idea balorda di rappresentare in abiti moderni. «Non si possono fare sempre le stesse cose», ha detto nell’intervista. «Bisogna cambiare.» Certo, bisogna cambiare, ma in meglio. Per prima cosa non affidi la messa in scena a un buzzurro con una cultura da mugiko dell’Arzebajan ma a uno specialista con una raffinata cultura europea. Poi scegli un soprano che assomigli a una prostituta tisica parigina e non a una massaia di Parma che ha mangiato troppi tortellini. E soprattutto rappresenti l’opera com’è stata scritta, nell’epoca in cui è stata scritta, cercando di offrire la migliore regia, la miglior musica e il miglior canto. L’opera si rappresenta cosi’. La grande arte è universale e il miglior modo per mettere in risalto la sua universalità è rappresentarla come l’ha voluta l’artista. A chi salta in testa di suonare Bach con un sintetizzatore? Puoi suonarlo con un clavicembalo e ti sembra più moderno di Luigi Nono.
LA TRAVIATA deve rievocare la sontuosità decadente del Secondo Impero. Dev’essere come la festa a bordo del Titanic, la baldoria prima della tragedia. C’è il dramma di Violetta che crepa di tisi e quello del Secondo Impero al tramonto: la sconfitta di Sedan contro i prussiani, la Comune e la Repubblica sono alle porte. Il famoso brindisi dev’essere un’orgia di crinoline, sparati, velluti, broccati, dorature, cristalli, candelabri, palme in vaso, tende, tappeti e champagne, un mondo favoloso che si sta estinguendo. Dal palcoscenico ondate di costoso profumo si riverseranno in sala miste a olezzi di sudore, di rose sfatte, di candele spente, di velluti ammuffiti, di sangue mestruale, di tabacco e di sperma, trasportando il pubblico nel milleottocentosessanta come nessuna immagine riuscirebbe a fare. Una Violetta pallida come una vampira sputerà più sangue di Uma Thurman in Kill Bill di Quentin Tarantino. Eroica e popolaresca, ogni nota della musica conterrà la zampata del leone verdiano. Questa è la Traviata che vedreste se la mettesse in scena Dragor e sarebbe la più bella della vostra vita. Ma purtroppo Dragor non fa il regista e la messa in scena viene affidata a un mugiko dell’Arzebajan che vi rifila un musical con Alfredo e Violetta che impastano la pizza. Il tutto pagato con i vostri soldi.
Dragor
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Una versione deliziosamente popolare del famoso brindisi
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