Alcuni fisici sono riusciti a utilizzare il metodo della cromodinamica quantistica per isolare la massa dei quark più leggeri, mai rilevata prima. I risultati presentati dal MIMD Lattice Computation Consortium.
di Giulia BonelliLa teoria QCD su reticoli aiuta a calcolare le masse reali dei quark. Crediti: Laiho, Lunghi, Van de Water
Se parliamo di fisica particellare, ormai il protagonista indiscusso è lui, il bosone di Higgs. Dai primi risultati alla sua scoperta, fino ad arrivare al Nobel assegnato lo scorso ottobre a Peter Higgs e Francois Englert, la particella più famosa del mondo ha tutte le caratteristiche di una star conclamata. E così, nell’entusiasmo generale di quello che è diventato un vero e proprio caso mediatico, è stata forte la tentazione di credere che tutti i misteri del mondo subatomico fossero stati svelati.
Eppure non è così. Ce lo ricorda un gruppo di ricerca chiamato MIMD Lattice Computation (MILC) Consortium, che studia proprio le particelle su cui ancora c’è molto da scoprire, come i mesoni, i quark e i gluoni – gli elementi che compongono i più familiari protoni, neutroni ed elettroni.
Prima di tutto, l’acronimo che dà il nome al gruppo: MIMD sta per “Multiple Instruction, Multiple Data”, ed è un’architettura parallela in cui diverse unità effettuano diverse elaborazioni su dati diversi. Per intenderci, è il meccanismo che regola tutti i sistemi multiprocessore, in grado di svolgere molteplici funzioni nello stesso tempo.
Il MIMD Lattice Computation Consortium, squadra internazionale di fisici, da quarant’anni utilizza super computer di ultima generazione per simulare le condizioni all’interno dei nuclei degli atomi, in modo da determinare le masse e le proprietà di decadimento dei componenti meno conosciuti della materia.
In particolare, indagano la cosiddetta teoria della cromodinamica quantistica (o QCD, da “quantum chromodynamics”), che descrive l’interazione forte della fisica subatomica. Spiega cioè l’interazione che può essere osservata tra protoni e neutroni per formare i nuclei degli atomi e, in scala più piccola, l’interazione tra i quark per formare protoni, neutroni e altre particelle.
Teorizzata per la prima volta da David Politzer, Frank Wilczek e David Gross nei primi anni ’70 (ipotesi che valse loro il Nobel per la Fisica nel 2004), la QCD è la teoria fondamentale che regola il comportamento dei quark e dei gluoni all’interno dei nuclei atomici.
Quello che fa il consorzio MILC è utilizzare simulazioni numeriche su grandissima scala per studiare la cromodinamica quantistica. Come? Grazie al metodo “su reticolo” (in inglese lattice QCD, da cui il nome del gruppo), che utilizza un sistema discreto che tratta lo spazio e il tempo come punti su una griglia (il reticolo, appunto), da cui è possibile ricavare informazioni sulle particelle.
Si tratta ovviamente di un esperimento virtuale: fissando i parametri spazio-temporali sul reticolo, si studia la loro evoluzione e si traggono considerazioni generali estendibili dal mondo computazionale “artificiale” a quello subatomico, quindi reale.
Detta così, sembra quasi facile. Ma c’è un ostacolo fondamentale: i quark, appunto. Che hanno una massa talmente piccola da non poter essere considerati singolarmente. Un problema aggirabile dai moderni modelli computazionali, se non fosse che i quark più leggeri (quelli che formano protoni e neutroni) non sono paragonabili a nessun’altra massa. E questo li rende molto difficili da isolare, persino al computer.
La novità introdotta dal MILC sta proprio qui: il loro modello cromodinamico utilizza reticoli estremamente piccoli, in grado per la prima volta di approssimare le masse “vere” dei quark.
“Fino a uno o due anni fa, non eravamo in grado di far girare le simulazioni delle masse fisiche dei quark più leggeri: dovevamo utilizzare masse più grandi” spiega Robert Sugar, membro del MILC presso l’Università della California. “Adesso invece i computer e gli algoritmi si sono potenziati, e così possiamo simulare le masse reali dei quark. Questo è stato un enorme passo in avanti”.
In un recente studio, Sugar e colleghi hanno calcolato il decadimento dei kaoni (o mesoni K, un tipo di particelle particolarmente instabili) utilizzando la QCD su reticolo e lavorando, per la prima volta, con le masse dei quark più leggeri.
Come ha sottolineato il MIMD Lattice Computation Consortium questo è “solo l’inizio”: nei prossimi mesi la tecnica verrà applicata ad altri modelli simulativi. In modo da fare ulteriori progressi verso la comprensione dell’infinitamente piccolo.
Fonte: Media INAF | Scritto da Giulia Bonelli