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Come un’offerta viva

Creato il 17 agosto 2010 da Fabry2010

di Alfonso Nannariello

I - IIIIIIVV

«Solo la morte non torna sui suoi passi». So che non è così. So che non è mai stato vero.

In quel tempo anche chi sposava, senza il filo di Arianna del divorzio, non tornava più dal suo viaggio. A meno che il coniuge non tirasse il freno, a meno che, morendo, non lo permettesse.
Il matrimonio era unico e indissolubile, senza ripensamenti.

Sposate, le donne restavano in silenzio. Non perché stessero seguendo qualche istruzione dell’Imitazione di Cristo, ma solo per essere così mogli davvero.
All’inizio il marito doveva essere come il Santissimo Sacramento: non andava scrutato con indiscrezione, ma imitato sottoponendo a lui i propri sensi e la propria fede. Gli diventavano devote un giorno dopo l’altro.
Questa devozione era per loro il dovere del legame, il fondamento della fedeltà. Col tempo, poi, nel petto a volte si sentiva il rumore di una crepa, un attaccamento diverso, più profondo, uno scricchiolio d’affetto.

Non so se mamma e papà si fossero subito innamorati. Forse come gli altri si sposarono e basta, per sistemarsi.
Sistemarsi significava coniugare tutti i verbi della vita, non lasciare le cose appese. Non voleva forse dire questo la parabola evangelica delle vergini che non unsero, rimaste senza olio, senza fiamma e senza sposo?
Sistemarsi significava anche non far parlare la gente, che sempre si illustrava un difetto per chi lasciava la vita senza conclusione. Significava servire a qualcosa, e non servire a niente.

Non so cosa si credeva fosse l’innamoramento. Non so quali si credessero i sintomi d’amore. Dell’amore, semmai fosse sorto, ci si sarebbe accorti un po’ alla volta, come un privilegio della vita, che di tanto in tanto raddrizza ciò che nasce storto.



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