Da quando ha avuto, lo scorso maggio, la tonsillite purulenta, la ‘povna ha provato, per una volta, a riguardarsi – e a seguire scrupolosamente le raccomandazioni della dottoressa V. Questo ha implicato la rinuncia a tutti (t u t t i) i palliativi che di solito usa sempre: propoli, minchiate, sciroppini e caramelle; nonché l’acquisizione consapevole di uno stile di vita un po’ più sano.
“Se hai bisogno” – aveva scandito sorridente e perentoria la dottoressa – “fatti i gargarismi con l’acqua. Ché per la gola marcia qualunque altra cosa diventa terreno di coltura dei batteri. E se stai male” – aveva aggiunto – “ti prendi gli antibiotici e, nel caso, il cortisone”.
La ‘povna (che di per sé le medicine le ama pochissimo) aveva fatto di tutto, dal canto suo, per non dover prendere proprio niente. Tanto che è arrivata all’inizio di novembre in una condizione più che accettabile: certo, qualche giorno di (comprensibile) allergia, ma poca tosse: era riuscita a riemergere persino dalla Neverland di settembre senza (quasi) mal di gola.
Ci era riuscita, fino a venerdì scorso. Quando – complice un aperitivo di troppo nel primo gelo della notte – ha sentito il freddo salire dai suoi piedi scoperti, progressivo e insinuante. Il risultato è presto detto: fine settimana in un lago di moccio, 30 pacchetti di kleenex in 20 ore scarse; e, il lunedì mattina, faccia di zombie che si aggira per i corridoi della scuola.
“Beh, perlomeno niente tosse” – si è consolata a modo suo la ‘povna (che sa bene che, quando arriva, la tosse, poi non c’è modo di farla scappare).
Detto e fatto. Ieri mattina la ‘povna si è alzata con un’oppressione al petto, che le sembrava di averci sopra altro che il noto cinghiale. A scuola, ovviamente, ci è andata come sempre. E come sempre (nonostante i Merry Men, premurosi, le abbiano portato l’acqua e l’abbiano accudita a lungo, aprendo al sole la finestra) per cinque ore ha respirato gesso, sentendo, inesorabile, il familiare barrito che saliva. Nel pomeriggio, tanto per gradire, aveva l’appuntamento dal dentista. Ma quando è tornata a casa non ha potuto fare più finta di niente. Si è seduta sul divano (la TV accesa sulla 7); si è messa comoda per traverso e, con un sospiro inevitabile, si è arresa alla sua sorte: riaprendo la porta delle sue vie respiratorie al familiare vecchio amico.
Magazine Diario personale
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