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Come vincere la sindrome da pagina bianca

Da Marcofre

Sono tornato con uno dei miei titoli acchiappa-Google, in grado di riversare su questo blog, qualche milione di visitatori (sto scherzando, certo).
Spesso gli scrittori esordienti si trovano inguaiati perché d’un tratto, nella mente si crea un magnifico vuoto. Come uscirne? Conosco un solo metodo in grado di aggirare e vincere questa sindrome: scrivere.

Adesso qualche lettore potrebbe suggerirmi di rileggere il titolo del post, e farmi notare che se c’è una sorta di blocco, non se ne può uscire scrivendo.
Ne siamo certi?

In realtà basta prendere carta e penna e scrivere; oppure la tastiera del computer, e pestare i tasti. Ma cosa scrivere, in nome del cielo? Qualunque cosa.
La lista della spesa. L’elenco delle cose che abbiamo sulla scrivania. La disposizione dei mobili, e qualche idea per renderli più funzionali; un nuovo sistema di catalogazione dei nostri libri. Eccetera eccetera, eccetera.

La sindrome da pagina bianca è come un’interruzione stradale. Avevamo in programma di andare da Savona ad Albisola Superiore, ma una frana blocca tutto. Rinunciamo al viaggio? Aspettiamo che la strada venga liberata, magari tra un mese?
Fissare il blocco, o la frana, non ci aiuterà affatto a procedere di un solo millimetro.

Occorre fare buon viso a cattiva sorte. Aggirare il blocco, o la frana, ricorrendo a scorciatoie, itinerari alternativi, mulattiere abbandonate. Quindi, la lista della spesa, certo.
Il risultato potrebbe essere sorprendente. Le nuove prospettive che si aprono, rappresentano la sventagliata di energia fresca che la nostra scrittura aspettava.

A parer mio, l’essenziale è non trattare quello che ci capita come un atto di guerra del destino cinico e baro, nei confronti del nostro luminoso talento; che spesso non abbiamo. Bensì come un’opportunità che ci viene regalata, per scoprire nuove strade, percorsi un poco diversi.

La nostra scrittura spesso soffre di linearità, vale a dire procede con un ordine troppo ovvio; credo che sia per questa ragione che a un certo punto scatta la sindrome da pagina bianca. Siamo noi medesimi a crearla, procediamo non in nome della creatività, dell’immaginazione o dell’arte, ma come se fossimo dei ligi operai della parola. Impeccabili, certo; con le loro otto ore, il loro modo civile ed educato di lasciar cadere le frasi sulla pagina.

Ma senza orizzonti, senza alcuna aspirazione a qualcosa di grandioso: che dia del tu all’arte, appunto.


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