Magazine Talenti
IL MATTO
Il cretino
«[…] Sono il cretino (1), cioè il passante, il vagabondo che ondeggia tra le ere
riassumendole, tra tutte le storie e tutti i volti e tutte le creature, conosce il
segreto della creature e lo svelerà con una scrittura unica, odorosa. Non
ambisce alla gloria ambigua degli uomini questo scrittore cretino e creaturale.
Sa già che tanto tutti lo prenderanno per cretino.» (2)
Tuttavia c'è sempre qualcuno di questi “cretini” che compirà dei prodigi e da
quel momento quelli che non gli credevano crederanno e la sua fama non avrà
limiti .
San Francesco di Assisi, anima bella, esempio vivo del Cristo, sfiora
poeticamente l'intelletto, la coscienza e l'anima dell'uomo bestiale, e lo avvia
alla tenera vita della compassione, della donazione di sé stesso per il bene di tutti.
Ecco l'uomo bestiale capace di parlare dolcemente con sora Cicala, con sora Colomba, con sora
Gallina, con frate Lupo e con sora Volpe, giusto un “cretino” cui nessuno credeva ad Assisi, ma
coll'avverarsi dei suoi prodigi...
La veste bianca
«Siamo [..] nel 1212 quando Francesco i i suoi seguaci si imbattono (a Bevaglia – ndr) in una
moltitudine di uccelli. Il figlio di Pietro di Bernardone prega gli amici di attenderlo dicendo loro che
deve predicare ai “fratelli uccelli” che sembrano di pietra, immobili sui rami degli alberi.
È un momento magico. Francesco dice: “Cari uccelli, miei piccoli fratelli, il Creatore vi ha colmato
di benefici e voi dovete benedirlo in ogni tempo e in ogni luogo. Egli vi ha vestiti di belle piume, vi
diede ali e libertà di volare ovunque. Conservò la vostra specie nell'Arca di Noè e per soggiorno vi
assegnò le regioni serene dell'aria. Vi nutre senza che voi seminiate; vi dà l'acqua dei fiumi e delle
fonti per estinguer la vostra sete; i monti e le valli per ripararvi; gli alberi per nidificare: dunque
innalzate al Creatore, che provvede per voi, inni di lode”.
Mentre Francesco parla, gli uccelli allungano il collo, battono le ali, piegano la testa quasi a
dimostrare il gran piacere di udirlo. Sempre nella città di Bevaglia il figlio di Pietro di Bernardone
ripete un miracolo narrato dal Vangelo: ridà la vista ad una giovane cieca spalmandole per tre volte
la saliva sugli occhi». (3)
«Mentre si trovava in viaggio con Masseo verso Assisi, Francesco si ferma in un lebbrosario per
portare conforto ai malti che nessuno vuole curare e avvicinare. Nel lazzaretto ha una visione
sublime e dice al suo amico che la “Provvidenza Divina ha approvato l'indulgenza promessa dal
Papa”.
A Santa Maria degli angeli il più povero dei poveri, il più umile degli umili, il più gioioso dei
gioiosi vuole ancora mortificare la carne e flagella il suo corpo già duramente provato da mille
privazioni. IL demonio si avvicina a lui in forma di angelo dicendogli: “perché consumi la tua
giovinezza in vigilie, in digiuni e in preghiere? Cerca di conservare bene la tua vita per servire al
meglio Dio. Riposati dunque e non ti flagellare”.
Come risposta Francesco esce dalla sua cella, si denuda, si rotola nella neve in mezzo ad un roseto
senza fiori, ma pieno di spine.
Ben presto le spine, tinte del suo sangue, si trasformano in boccioli di rose bianche e rosse simbolo
della sua castità. E il suo corpo è ben presto ricoperto di una splendida veste bianca piovuta dal
cielo.
Il “pazzo” di Assisi coglie dodici rose bianche e dodici rosse e le porta in chiesa.
Il giorno seguente, insieme con Pietro Cattani, Bernardo da Quintavalle ed Angelo da Rieti, parte
per Roma portando tre rose bianche e tre rosse in onore della Trinità.
Giunto al Laterano narra al Papa la straordinaria avventura e, per dimostrare che dice il vero, porge
ad Onofrio III le sei rose. Il Pontefice, commosso, stabilisce che l'indulgenza richiesta dal mistico
assisiate deve essere concessa il 2 agosto. Immediatamente la decisione viene comunicata ai vescovi
di Assisi, Perugia, Todi, Foligno, Nocera Umbra, Spoleto e Gubbio. Il Papa ordina che l'indulgenza
venga solennemente promulgata nella vigilia di San pietro in Vincoli e che i vescovi consacrino la
chiesa di Santa Maria degli Angeli.
Il 2 agosto i sette vescovi, insieme con il “poverello”, salgono su un podio davanti alla Porziuncola.
Intorno c'è una marea sterminata di gente. Francesco annuncia che vuole aprire agli uomini le Porte
del Paradiso. Ed aggiunge: “Vi annunzio una indulgenza plenaria che ho ottenuto dalla bontà del
Papa. Tutti coloro che si recano in questo luogo sacro, pentiti delle proprie colpe, confessati e
assolti da un sacerdote, otterranno la totale remissione della pena dovuta per i peccati e così avverrà
ogni anno in eterno”. Nasce in questo modo il “ perdono d'Assisi”.
Padre dei poveri e poveri egli stesso, Francesco non sopporta che esistano più poveri di lui ». (4)
Il Cretino nei Tarocchi è l'Arcano Maggiore numero zero, “Il Matto”
Nei ventidue Arcani Maggiori dei Tarocchi il Matto porta il numero zero e talvolta e’ rappresentato
senza numero. Viene solitamente raffigurato da un uomo piuttosto giovane ma vestito in modo
bizzarro e trasandato generalmente seguito da un animale, cane o gatto.
E’ un viandante senza meta che cammina appoggiandosi ad un bastone e sulla spalla destra ne regge
un altro a cui e’ appesa una bisaccia. E’ l’unico bagaglio che possiede, di cui non si libererà mai
perché racchiude tutte le esperienze della sua vita.
Il copricapo che porta e’ provvisto di sonagli e di piume come quello dei buffoni di corte. Il matto e’
la voce della verità che si esprime liberamente e nessuno lo intimidisce. Essendo la sua povertà
assoluta non può essere condizionato e ne’ strumentalizzato da nessuno. Non ha casa ne' famiglia
perché la sua casa è il mondo, di conseguenza non ha legami e ne’ affetti; vive solo con il suo
spirito.
Il suo viaggio non ha uno scopo poiché vive alla giornata e senza una meta prestabilita; si tratta del
viaggio dello spirito e della mente alla ricerca di se stesso. Il matto si può considerare l’artista, il
filosofo, il poeta e anche l’essere solitario e diverso dagli altri, il cosiddetto diverso.
Il matto infatti è colui che rappresenta l’anarchico, il contestatore e chi va controcorrente, chi
insomma trasgredisce alle regole per cui a volte non e’ capito e neanche accettato. Cammina sempre
guardando verso l’alto in cielo alla ricerca dei sogni senza curarsi di ciò che accade in terra.
Il matto come numero zero per se stesso non ha valore, ma nei numeri tiene il posto dei valori
mancanti. Il Matto si pone nel mazzo dei ventidue Arcani Maggiori dei Tarocchi come l’ultima
realtà, dopo la fine di tutto e cioè dopo l’Arcano Maggiore numero 21- Il Mondo, che è il simbolo
del compimento di tutte le cose, oppure precede l’Arcano Maggiore numero uno Il Bagatto che
invece ne rappresenta il principio.
Il Matto quell’ipotetico momento del vuoto o del caos che avviene dopo la fine e prima dell’inizio;
il momento del dubbio, l’assenza di logica o la ricerca della propria identità. Il Matto può anche
essere il periodo che intercorre tra l’ipotesi di un progetto e il suo compimento, può rappresentare
l’incognita, l’astrazione, la pausa, la fantasia, ma può anche essere il significato del vuoto, della
depressione del senso di abbandono o dell’impossibilita’ di comunicare.
Quando nel gioco si presenta la carta del Matto significa che la situazione e’ in uno stato
confusionale, o che si sta vivendo un momento di crisi non ben individuato, le nostre azioni sono
vaghe, e’ come girare a vuoto alla ricerca di un obbiettivo, ma è anche il momento che precede
l’azione per cui tutte le possibilità sono ancora aperte. Le carte vicine, se sono positive ci
indicheranno la via da seguire. In amore può indicare l’incapacità a decidere un’unione definitiva,
non per mancanza d’amore, ma per un bisogno insopprimibile di libertà.
La carta del Matto viene interpretata in senso assolutamente negativo quando le carte vicine
indicano tensioni; se precede la carta di Bastoni sta a indicare capacità creative, idee che vedranno
una realizzazione pratica. Negativo se segue.
Vicino alle carte di Coppe: amore incontrollato, passione che fa prendere decisioni avventate; vicino
alle carte di Spade pericolo di non saper controllare i propri istinti; vicino alle carte di Denari
sperperi, passione per il gioco d’azzardo e megalomania. (5)
(1) http://teodericaforum.blogspot.c om/2010/05/anch-io-sono-cretina-ecreaturale.
html#comments
(2) Etimologia della parola cretino: Cretino corrisponde al fr. Cretin e nel dialetto della Gironda
crestin, ed è il nome che si dà a ognuna di quelle misere creature, di piccola statura, mal
conformate, con gran gozzo e affatto stupide le quali si trovano specialmente nella valli
della Alpi Occidentali: per alcuni dal lat. CRISTIANUS (fr. Crétien), perché cotali individui
erano considerati come persone semplici ed innocenti (Gerin), ovvero perché, stupidi ed
insensati quali sono, sembrano quasi assorti nella contemplazione delle cose celesti; e di fatti
nelle prealpi lombarde dicesi addirittura CRISTIAN un cretino, un povero di spirito.
Secondo altri dal ted. KREIDLING aggettivo di KREIDE creta, a cagione del colore
biancastro della loro pelle (Littré).
(3) FRANCESCO Poverello di Dio – Dante Alimenti – Pag. 64, 65 - Editrice Velar
(4) FRANCESCO Poverello di Dio – Dante Alimenti – Pag. 111 – Editrice Velar
(5) http://www.tarocchi-online.org/cartomanzia/arcani-maggiori/il-matto/
Gaetano Barbella
Brescia, 25 maggio 2010
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