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Commessa non vende scarpe a ragazza di origini indiane

Creato il 11 agosto 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online
Torino, commessa, scarpe, India, razzismo, polemica

Photo credit: anna carol / Foter / CC BY

Francesca è nata in India, come raccontano la sua pelle scura e il suo sguardo intenso. All’età di quattro anni viene adottata da una famiglia italiana di Torino, città che la accoglie e la vede crescere: Francesca adesso ha 33 anni e lavora in uno studio legale come segretaria, con la fortuna di un contratto a tempo indeterminato. Pochi giorni fa decide di andare a fare shopping con sua sorella in un grande centro commerciale, le servono delle scarpe tecniche per le escursioni che affronterà durante le vacanze. Le due ragazze entrano in un negozio specializzato e vengono subito accolte da una commessa di mezza età.
“Buongiorno. Che cosa desidera?”
“Buongiorno. Cerco quel paio di scarpe tecniche da montagna che avete in vetrina”.
“Certo. Per chi sono quelle scarpe?”
“Per me”.
“’Mi dispiace, non abbiamo niente. Arrivederci”.
La commessa non chiede modello o numero, liquida in fretta Francesca, che esce dal negozio senza dire una parola: certi toni e certi sguardi sono inconfondibili. Questa è solo una delle tante umiliazioni che Francesca ha subito nel corso della sua vita.

La commessa ha recentemente affermato che la storia è diversa da come l’ha raccontata Francesca: bisogna essere cauti prima di gonfiare la notizia ed ergersi a giudici indignati. Ne sapremo di più nei prossimi giorni. Ma se Francesca dice la verità, allora evidentemente non basta che parli perfettamente italiano, non basta che abbia i soldi necessari per comprare ciò che desidera. Il colore della sua pelle la rende ancora “diversa”, “evitabile”, addirittura “pericolosa”. La stessa fastidiosa situazione si è presentata già numerose volte: ad esempio, quando cercava casa in San Salvario, quartiere in cui è cresciuta con i suoi e che adora perché è multietnico, era impossibile convincere i proprietari che fosse una cliente affidabile. Durante la visita di un appartamento, il padrone di casa affermò fermamente davanti a Francesca e all’agente immobiliare che lui non avrebbe venduto il suo alloggio a un extracomunitaria. E pensare che Francesca aveva persino una lettera di referenze dagli avvocati dello studio. Alla fine Francesca è riuscita lo stesso a trovare una casa e un proprietario senza pregiudizio, grazie al passaparola e a tanta pazienza.

Anche a Champoluc, piccolo angolo di paradiso in Valle d’Aosta, le cose non vanno diversamente. Durante la messa della domenica mattina, si levano dei mormorii: celebra un giovane prete del Madagascar. I signori e le signore perbene che partecipano all’Eucarestia si guardano imbarazzati, quasi scocciati: ecco, ci tocca anche il prete di colore…

L’Italia è uno stato multietnico da anni: nelle scuole elementari e medie, nei licei e nelle università il fatto di avere compagni africani, cinesi, o indiani è naturale. È una delle ricchezze della penisola, è un vanto esibito da politici orgogliosi. Eppure, queste storie raccontano di una realtà amaramente diversa, raccontano di un sentimento razzista duro da estirpare.

Articolo di Alessandro Antonioli


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