L’autonomia in Sicilia “è un flagello e si trascina nel baratro l’Italia”: dalle pagine del Sole 24 ore del 23 marzo Pietrangelo Buttafuoco (“Commissariate la Sicilia”) si scaglia contro l’autonomia regionale dell’Isola, “fonte di sprechi e burocrazia”, “acqua che nutre l’arretratezza economica e sociale”, “fogna in cui nuota la mafia”. L’appello è rivolto al premier di turno, Matteo Renzi, a cui il giornalista chiede anche – sulla scia del presidente di Confindustria in Sicilia, Antonello Montante – di nominare un commissario al posto del governo regionale di Crocetta, una sorta di Cottarelli che metta mano alla spesa e al bilancio.
Un dibattito il direzione dello ‘smantellamento della regione’ – fa notare Buttafuoco – già c’è, a opera di alcuni esponenti della sinistra, della Fondazione Sturzo e con il contributo di studiosi tra cui Andrea Piraino e il presidente dell’Enac Vito Riggio. L’intenzione è proporre una svolta che sarebbe più utile della liquidazione dell’ente provincia operata da Crocetta, che a conti fatti si risolve in un aumento di enti intermedi: da nove province a nove consorzi – che col tempo potrebbero superare i venti – più tre città metropolitane.
Buttafuoco aveva già attaccato l’attuale amministrazione sulle pagine del Foglio proponendo un hashtag per Renzi: #rottamilrottamecrocetta, e chiedendo al presidente del Consiglio di commissariare la Sicilia dopo avere svuotato l’ente regione e abolito l’autonomia. Eroe dell’antimafia, ma che “fa dell’antimafia un automatismo”, Crocetta viene accusato di non avere creato una linea di rottura con il suo predecessore Lombardo – condannato in primo grado in concorso esterno per mafia – condividendo con quest’ultimo “lo stratega della continuità di governo – Beppe Lumia, Pd, il più professionista dei professionisti dell’antimafia”.
Buttafuoco ricorda che l’autonomia regionale siciliana non ha strumenti di controllo fatta eccezione per l’ufficio del commissario di Stato, ed elenca tutte le disfunzioni causate da privilegi e clientelismo – l’incredibile numero dei forestali e dei dipendenti pubblici, la speculazione dietro i corsi di formazione, la gestione museale fallimentare – che hanno ormai portato la regione sull’orlo del fallimento.
Sempre rivolto all’attuale premier, il giornalista ironizza sul fatto che dopo aver portato in salvo la Sicilia “salvare l’Italia sarà una passeggiata”. Eppure la gravità della questione e la sua portata nazionale dovrebbero smuovere le istituzioni, finora sorde a qualsiasi appello riguardante la questione degli statuti speciali in generale e della Sicilia nel particolare. Le voci che chiedono di intervenire sono sempre di più – ricordiamo la proposta di Marco Vitale (“Urge abolire lo statuto per la Sicilia“) e l’intervento di Giovanni Palladino dei Popolari liberi e Forti (“Via Crocetta dalla presidenza della Sicilia!“). Sappiamo che il governo è esperto negli interventi fuori tempo massimo, ma ci auguriamo di non dover assistere alla completa rovina di una terra abbandonata a sé stessa che meriterebbe ben altro trattamento.
Marco Cecchini