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Compitu re vivi: un’anticipazione

Da Narcyso
14 novembre 2013

Sebastiano Aglieco, COMPITU RE VIVI, Il ponte del sale 2013

dalla presentazione di Maurizio Casagrande

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Aleggia un’aura tragica e sacrale sulle pagine di quest’ultimo libro di Sebastiano Aglieco, che si propone, fin dall’epigrafe, in un tono raccolto e solenne e nella forma asciutta della supplica, valida prima di tutto come monito che l’autore indirizza a se stesso al fine di promuoversi a solerte custode di “tutte le cose”, presenti e  passate, a cominciare proprio dalla lingua: il dialetto sorgivo dell’infanzia, più vitale che mai, per quanto riesumato dal passato (…) Nella sua accorata preghiera, il poeta-ragazzo – che sa leggere nel cuore degli altri – può chiedere unicamente che abbia da passare il giorno e che gli occhi si chiudano per nascondere il mare (Prijèra – Preghiera), elemento tutt’altro che materno e positivo in questo libro. E l’unica maniera per riscattare il male è contrastarlo con la poesia …

***

Guardo le foglie nel margine
la luce che alimenta e che abbandona.
Ecco: toccàti, sfiorati sulle labbra.
Così è la parola che vi mostra al mondo nella
luce brevissima, nel suono che
non deve niente alle cose.
Questo il canto delle foglie che ascolto
mentre muoio al tempo senza
rimpianto, senza pianto.

***

cuntàri i vistìti nna muàrra
i miricinàli
l’ugghi e ‘n pezzu ri manu
ràpiri l’acqua
vattìari i muri
rùmpiri uci e scantu
ittàri u malu sancu
mittìrisi u vistitu jancu
irinìrisi

contare i vestiti nell’armadio/le medicine/gli aghi e un pezzo di mano/aprire l’acqua/battezzare i muri/spezzare voce e paura/buttare il cattivo sangue/vestirsi di bianco/andarsene

***

Scrivo da questa altezza
Binario 21, vertigine dei miei giorni.
Liberami, signore, da questi lacci
contempla il tempo mio tutto
nella vertigine e nella gola
spalancami negli occhi dei bambini
liberami di me, da me stesso
dalle mie parole.

Io volevo parole per tutte le cose
ma le cose, nutrite, morivano.


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