Nell’augurare una buona cena domenicale, nonostante la mia domenica e sabato trascorsi con un male lancinante ai denti, continuo con la pubblicazione per capitoletti, della seconda parte del libro pubblicato in dicembre. Faccio un piccolo passo indietro, per chi non mi conosce ancora bene e non è al corrente di questo mio progetto. La favola da me scritta, dal titolo “Le fantastiche avventure di Gattolona Pasticciona” (da qui il primo nome del blog…) è stata pubblicata in dicembre, ed è stata da me donata nella misura di mille copie, ad un’ass.ne onlus di bambini ammalati di tumori e leucemie. Questa ass.ne dal nome “Giovani Sorrisi” è di Reggio Emilia, la città nella quale abito: il loro impegno primario è quello di esaudire i desideri di questi bambini, che stanno subendo un percorso di malattia doloroso e lungo. I volontari dell’ass.ne stanno molto vicino ai famigliari dei bambini, sostenendoli in diverse maniere, organizzando a loro spese, viaggi e serate di svago. Decisi quindi un paio d’anni fa circa, di donare la favola, pur mantenendone ogni diritto, a questi bambini. Ai primi di marzo circa, ho iniziato anche a pubblicarla tramite il blog, per favorire la lettura a coloro che non possono permettersi di acquistarla, nonostante il prezzo sia solo di 10,00. Ho pensato anche a chi è costretto a letto per lunghi periodi, a chi la vorrebbe conoscere ma non può muoversi, insomma per farvela breve ho creduto di fare cosa gradita a tutti coloro che non possono o non riescono ad acquistarla. Ripartiamo stasera con la seconda parte del libro, dopo molti giorni di fermo, vi ricordo che si può leggere con scioltezza, essendo scritta in tanti piccoli capitoli di facile intuizione, proprio perchè rivolta ad un pubblico di piccoli. Potete scaricarla dal mio blog e stamparvela per voi stessi, per averne sempre vicino una copia, ma vi ricordo anche che non si può riprodurre in nessuna maniera, pena le sanzioni di legge. Leggetela, abbracciati stretti al vostro bambino, comodamente seduti sul divano o sul letto, vi farà tornare indietro nel tempo e magicamente, entrerete dentro alla fiaba! Ricordatevi che con il cuore e la Speranza si può arrivare molto lontano. Buona lettura a tutti!
Primo capitolo: L’amnesia di Gattolona Pasticciona.
Passò un tempo infinitamente lungo non so dirvi quanto fu, fatto sta che mi risvegliai da un sonno profondo, con la testa che girava come una giostra del circo, adornata da due grossi bernoccoli che mi spuntavano tra le orecchie. Ritornando nel mondo dei vivi, mi accorsi che ero sdraiata sulla carrozza di Cenerentola, la posizione nella quale mi trovavo e che stavo osservando con occhi non proprio sveglissimi, non si confaceva di sicuro ad una gatta del mio rango. La situazione e la posa erano estremamente ridicole e molto imbarazzanti. Me ne accorgevo da tutti quegli occhi spalancati e spauriti che mi fissavano senza fiatare, qualcuno di loro soffocava una risata, senza riuscirvi troppo bene. Dentro a quelle bocche spalancate vi erano attaccati con la farina e un poco di colla denti di legna per caminetto denti e qualche lecca lecca colorato. La scena che si poteva osservare era alquanto buffa: avevo le zampette rovesciate all’indietro, le unghie spezzate in diversi punti e, i miei baffi caduti come rami secchi d’albero, non erano più spazzolati a dovere. Il naso pareva un purè di patate, la pancia rivolta al cielo faceva intravedere le mie, ehm..ehm… mutandine cucite con le foglie. Dovendo contenere la mia pancetta o meglio la mia pancia alquanto rotonda, mi servivano delle mutande robuste, data anche la gran quantità di pelo che avevo attorno all’ombelico.“Che vergogna!” mi dissi, “Che umiliazione! Sono qui sdraiata, mortificata, con un grosso mal di testa, non ricordo nulla e tutti gli abitanti di Villa Patatona mi osservano nella mia più misera e disonorevole posa. Vorrei sparire in questo momento e trovarmi in un’altra avventura, quasi quasi me ne vado via. Ma no, non posso, non devo, non vorrei deludere i miei piccoli e deliziosi lettori, rimarrò qui a cercare di comprendere il perché di tutto questo mistero”. Mentre riprendevo conoscenza, sentivo in lontananza le risate delle bambine ed i loro commenti”Ma quanto è buffa Gattolona con quella panciona! Avete notato le mutandine con tutti quelle noccioline verdi e marroni attaccate?”. “Quelle non sono mutande ma un panettone attaccato alla pancia” disse Agnese ridendo forte. “Sì, proprio un buon panettone, con tutti quei buchetti qua e là”. “Sciocca che sei,” disse Anita, “Non sono buchi, mai e poi mai Gattolona indosserebbe biancheria con i buchi, non vedi che quelli sono i canditi e quell’altra è l’uvetta passa”?. “Quasi quasi gliene strappo un pezzettino per mangiarmelo, allora”disse sottovoce Alicetta, che di frutta ne sapeva più di tutti. “Come stai ora Gattolona? Ti stai riprendendo da quel terribile mancamento”?. Mi chiese una voce dolce e tranquilla, che riconobbi all’istante. Cercai anche la mia voce, che non voleva saperne di uscire dalla gola, mi misi bene gli occhiali che per la rovinosa caduta si erano spezzati ancora una volta, cercai di sistemarmi i baffi come meglio potevo e, con un grande sforzo risposi a Zia Speranza. “Ora mi sento un pochino meglio, mi stanno ritornando le forze anche se, parola di gatta, non ricordo come sono finita su questa poltrona. Cara Spery, mi potrebbe spiegare lei che cosa mi è accaduto, per cortesia?” dissi con un filino di voce mentre mi ricomponevo con notevole fatica sulla poltrona. “Le chiederei anche un bicchiere di acqua fresca, possibilmente con tanto zucchero, poco limone e una fettina di arancia non troppo matura, se non disturbo”. “Ci mancherebbe altro! Te la faccio portare subito, siamo tutti e dico tutti, a tua completa disposizione, nessuno escluso, cara amica mia”, mi sentii rispondere da Fulmine. Vidi due occhioni lucidi e preoccupati per me e per il mio stato di salute, riconobbi subito il sincero amico che avevo conosciuto qualche tempo prima, con il quale ricordavo una lunga e piacevole chiacchierata. Poi, d’un tratto, mi comparve davanti agli occhi l’immagine sfocata di un grande armadio verde e giallo, con attaccati alle maniglie centinaia di lucchetti, campanelli e catene. “Lucchetti? Campanelli e catene? Un armadio enorme? Ahhhh, ahi ahi, forse la mia testa non è ritornata funzionante come prima, dovrò pazientare ancora un po’. Ma quanti lucchetti mi girano sopra alla testa?”, si ripeteva frastornata, Gattolona. “Tata Brunilde, corri in cucina a prendere l’acqua per Lady Gattolona, di corsa e senza sbuffare come di solito fai con gli estranei! Che poi tanto estranei non sono più.”. Sentenzio’ Fulmine senza possibilità di replica alcuna. Era un ordine così deciso che anche Zia Speranza non proferì parola, chiedendo a suo figlio di essere meno severo, anche se oramai aveva raggiunto la maggiore età e un giorno sarebbe diventato lui il padrone di Villa Patatona. Naturalmente un giorno ancora molto e molto lontano a venire, certamente dopo la dipartita a miglior vita di Zio Gedeone. Egli ascoltando codesti discorsi decisamente nefasti tra la sua adorata moglie ed il loro figliolo, decise di uscire dal salone per non ascoltarli. Se ne andò così, a fare una partita a rubamazzo con il suo fidato amico Amilcare. Così tanto per scongiurare la dipartita, che a suo avviso era ancora molto lontana nei suoi pensieri e progetti. “Ma ora questa palla di pelo parlante, è diventata anche Lady?” Chiese con voce arrogante e gelosa, la governante di casa. “In verità il titolo di Lady, io l’ho sempre avuto, da quando al circolo Cat’s Forever, mi hanno nominata Gattaliera Scelta Del Lavoro, per meriti conseguiti nei viaggi intorno al mondo, facendo sorridere tutti i bambini, soprattutto quelli più soli e bisognosi di risate e di compagnia”. Gattolona pronunciò fiera ed orgogliosa queste parole, si era ripresa dal malore ed aveva ritrovato le sue caratteristiche da vera conoscitrice del mondo, riacquistando completamente dignità e fierezza di gatta. Ora sì che portava i suoi titoli meritati, con vera classe! “Bentornata tra noi carissima Gattolona”, mi dissero in coro tre vocine stridule e birichine. Mi girai lentamente, facendo attenzione a non ruotare troppo la testa e arricciando i baffi, ora pettinati e cotonati a dovere, vidi che le vocine appartenevano a tre gattine. Nei miei ricordi ancora un po’ confusi, credevo di conoscere queste voci, ma non ricordavo i nomi delle proprietarie e come le avevo conosciute. “Grazie dolci gattine”, risposi “Il peggio è passato, mi dite per gentilezza i vostri nomi? Sapete la memoria non mi è ancora ritornata del tutto.”. Le tre micie si guardarono con fare sospettoso e preoccupato; fu Bianchina che parlò per tutte. “Ma come, non starai scherzando vero? Non ti ricordi di noi? Non sai chi siamo?” Mi disse con voce sempre più arrabbiata. “Io..,io.., in verità..” balbettai, “Non mi ricordo di voi tre, datemi un istante, non vedo ancora bene i vostri visi. Non.., non.., insomma per farla breve io non mi ricordo di voi tre, ecco!”.Prese di colpo la parola Azzurrina, quasi facendo cadere Rosellina, per venire più vicina a me e, quando mi fu di fronte, le spuntarono un paio di occhietti minacciosi che mi facevano molta paura. Scostandomi l’ orecchino rimasto ed il pelo mi sussurrò nell’orecchia destra:”Sentimi bene, specie di una Lady da museo, non ci vorrai far credere che non ricordi nulla del compleanno, della festa maestosa che si terrà domenica prossima, ma soprattutto e dico soprattutto del nostro patto super segreto? Non è vero, Gattolona Pasticciona smemoratona? Non vorrai dare a bere a noi tre, che la caduta di qualche ora fa ti ha completamente tolto la memoria, ed ora hai una specie di..,di.? Come si chiama Bianchina, quella malattia della quale parla spesso Miss Alessandra? Mah, sì, quando una persona non rammenta più nulla?” “Una specie di amnesia “, le dissi prontamente io, aiutandola a trovare la parola per me più adatta. Poi, si scostarono tutte e tre dalla poltrona, mentre finalmente riuscivo a bere l’ acqua zuccherata che avevo domandato. L’acqua mi fu versata con delicata ed inaspettata gentilezza, da Tata Brunilde, facendola uscire dalla brocca cioè dalla zucca gialla, che già avevo intravisto. O forse sognato, a questo punto. “Potreste attendere qualche istante, curiose ed impazienti gattine? Vorrei gustarmi in tutta tranquillità questa squisita limonata, che ho il piacere di ricevere dalle mani di Tata Brunilde, con gesti gentili ed affettuosi nei miei confronti”. “In fin dei conti sei caduta e ti sei fatta male, molto molto male, a giudicare dai bitorzoli a forma di mela, che hai sulla fronte!”. Togliendosi il grembiule e asciugandosi la fronte che iniziava a sudare, mi disse con aria rammaricata:”Ti domando scusa se sono stata tanto acida e scontrosa con te, per non dire maleducata! Mi puoi perdonare Gattolona?”. Tata Brunilde, disse queste parole tutte d’un fiato, diventando rossa in viso come un pomodoro maturo. Solo un’altra volta la vidi arrossire così, quando era comparsa quella ragazza molto carina, ma accipicchia non ricordo chi era! Le risposi che ero felice di udire le sue gentili parole. Mi avevano allargato il cuore e anche un tantino la pancia, che era come al solito molto vuota. “Penso che diventeremo amiche, ma non ho detto super amiche”, precisò Brunildina. “Useremo tra noi rispetto e stima, ma.. e qui non si discute, senza sdolcinate smancerie. Ti prometto sul mio onore di Fata, volevo dire di Tata, che da stasera apparecchierò anche per te, nella nostra cucina sulla quercia gigante. Metterò una sedia in più a forma di pizza come le altre nove e chiederò a Zia Speranza, di ricamare le tue iniziali per il tuo tovagliolo personale. Di conseguenza volente o nolente, per un tempo che mi auguro sia il più breve, cioè volevo dire, il più lungo possibile farai parte della nostra magica famiglia. Almeno fino a quando non sarai ti ristabilita e guarita completamente: sei d’accordo cara Lady Gattolona?”.