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Comprendere Baudelaire: appunti sulle riflessioni di T.S. Eliot (pt. 1)

Creato il 30 marzo 2011 da Dinamite
Comprendere Baudelaire: appunti sulle riflessioni di T.S. Eliot (pt. 1)

C’è voluto parecchio tempo affinché in Inghilterra si arrivasse ad una giusta valutazione di Baudelaire. La difficoltà nel riconoscergli i meriti e di trovargli una collocazione letteraria è dovuta, secondo Eliot, ad alcune particolari motivazioni. Da un lato, Baudelaire anticipava di molto il suo tempo, per certi versi, e tuttavia ne condivideva ampiamente i meriti, le mode e le colpe. Dall’altro lato, Baudelaire ebbe un ruolo decisivo nella formazione di tutta una generazione di poeti; in Inghilterra poi ebbe la sfortuna, per così dire, di essere pubblicizzato in maniera stravagante dal poeta Swinburne e dai suoi seguaci.
Baudelaire fu un poeta universale, ma al tempo stesso fu limitato da quella moda che egli stesso creò in gran parte.

Il saggio di Eliot si propone di evidenziare l’importanza della prosa baudelairiana, al fine di comprendere meglio il poeta e di non vederlo solamente come l’autore dei Fleurs du mal. La moda di Baudelaire nacque quando “l’arte per l’arte” era il dogma. Il dedicarsi soltanto ad un’unica opera in versi e la cura estrema che egli prestava alle sue poesie, a differenza dei suoi contemporanei inglesi, ma anche francesi, i quali avevano una maggiore facilità di scrittura, favorirono l’idea che Baudelaire fosse soltanto un seguace dell’arte per l’arte. In realtà, questa è una teoria che non si addice a nessuno in particolare. Nondimeno fu una teoria che di fatto influenzò la critica e che impedì un giudizio esatto su Baudelaire.

Anche se forse non è un poeta perfetto, Baudelaire fu un uomo ben più grande di quello che si è pensato. E’ stato definito come un Dante frammentario, ma l’inferno di Baudelaire si differenzia enormemente da quello di Dante sia per qualità che per significato. Sarebbe più corretto fare un parallelismo con Goethe: in un certo senso, Baudelaire rappresenta la sua epoca esattamente allo stesso modo in cui Goethe ha rappresentato un’epoca precedente. Come ha espresso il critico Peter Quennell, Baudelaire possedeva il senso del suo tempo, peculiarità non comune tra noi poveri mortali, mi viene da aggiungere, visto che la nostra ignoranza dell’oggi non è altro che il fraintendimento del presente; ignoranza che, di conseguenza, ci impedisce di cogliere anche l’immediato futuro. Ora, un uomo che possedeva un tale senso del suo tempo è di difficile analisi; egli ne viveva le follie e le scoperte e, così come in Goethe, in Baudelaire ritroviamo anche qualcosa delle bizzarrie fuori moda della sua epoca. Paragonare il poeta tedesco, simbolo della perfetta “salute”, con quello francese, simbolo di “morbosità”, può sembrare un paradosso. Ma a distanza di tempo, Eliot tiene a precisare come il contrasto “salute-malattia” sia del tutto superato e trascurabile, tanto da suonare artificiale e persino pedante. Entrambi i poeti erano dotati di una grande capacità di comprensione e di preveggenza. E’ vero, Goethe coltivava interessi diversi che Baudelaire trascurava, ma è anche vero che al tempo di Baudelaire non era più necessario che un uomo, per possedere il senso del suo tempo, abbracciasse interessi così diversi. Gran parte degli scritti in prosa di Baudelaire non sono da considerarsi inferiori a quelli di Goethe e inoltre, essi costituiscono senz’altro una chiarificazione ai Fleurs du mal, aumentando immensamente la nostra stima per il poeta francese. Naturalmente non si può ignorare la morbosità della natura baudelairiana, che ha reso ricca di significati la sua opera; le sue debolezze sono in ultima analisi parte della sua forza, ciò implica che né la salute di Goethe né la malattia di Baudelaire sono di per sé decisive: quello che conta è ciò che essi seppero ricavare dal loro talento naturale.

Baudelaire era un uomo portato all’ingratitudine, alla misantropia, estremamente irritabile, trovava il lato negativo di ogni cosa (se aveva denaro lo sperperava, se aveva degli amici riusciva ad alienarseli, se gli capitava una fortuna la sottovalutava). Aveva l’orgoglio di chi si sente molto debole e molto forte al tempo stesso. Il suo genio non gli permise di vincere le sue debolezze ma, al contrario, gli permise di teorizzarle e di sfruttarle. Eliot rimarca questo aspetto: Baudelaire era uno di coloro che posseggono una grande forza, ma solo la forza di soffrire, e non sapendo (e non potendo) annientare questa sofferenza che continuamente calamitava si di sé, la fece diventare la principale materia del suo studio. Nella sua incredibile sofferenza si trovano già presenti il sovrannaturale e il sovrumano. Egli rifiuta tutto ciò che è puramente umano o puramente naturale; in altri termini, non è né un’ “umanista” né un “naturalista”, o perché non riesce ad adattarsi alla realtà del mondo, che respinge, preferendogli il paradiso e l’inferno, o perché alla percezione del paradiso e dell’inferno rifiuta il mondo che lo circonda (sono valide entrambe le formulazioni).


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