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Comunicazione al Consiglio Direttivo

Creato il 20 settembre 2010 da Laperonza

Sono molto deluso. Sono deluso dalla fragilità di un’idea, da come è facile cancellare mesi di fatica e di speranze. Credo fermamente che Città Vecchia abbia la possibilità di cambiare lo stato delle cose, ma per farlo sono necessarie fermezza e serietà, coerenza ed equilibrio. In questi ultimi giorni ho assistito a scene e letto cose che vanno esattamente nella direzione opposta.

   Mi sono reso conto di quanto sia difficile fare qualcosa di positivo per questa città. La gente è talmente usa a fregarsene di tutto e di tutti che diffida per istinto di chi, invece, fa qualcosa pro bono. Da quando è nata Città Vecchia sono passato dal sentirmi dire la classica frase “ma che vuole questo cretino” alle varie classificazioni politiche, dall’accusa di tirare l’acqua al mulino dell’amministrazione comunale a quella di tirarla per l’opposizione. Ho visto snobbare il nostro lavoro e poi lodarlo sbrodandosi sui giornali e in pubblico. Ho sentito gente che diceva “bravi andate avanti” ma che una mano non te l’avrebbe data manco sul letto di morte. Tutto questo era ampiamente preventivato e quindi tollerabile. Come era preventivata la gente che all’inizio si sia entusiasmata poi è scomparsa nel nulla, le persone superficiali che hanno preso impegni e non li hanno portati avanti, le promesse politiche non mantenute.

   Abbiamo ottenuto successi come la riapertura di S.Ugo e i Pomeriggi da favola e insuccessi come Veregrarte e l’apertura estiva della Cripta. Mi sono trovato alla cena in piazza a lavorare per Città Vecchia insieme a due persone e a cena soltanto con Gianfranco Mancini. Ho aperto e chiuso S.Ugo tutte le sere durante Veregra Street dopo averci faticato dentro tutti i giorni per rimetterla in sesto. Ho lavorato, e quando dico lavorato intendo col sudore della fronte, su ogni singola iniziativa, sono stato sempre il primo ad arrivare e l’ultimo ad andare via e mi sono poi sentito accusare di fare il “capetto” e dare gli ordini agli operai. Mi è stato bene anche questo.

   Ma quello che ho letto ieri su facebook non lo tollero. Non tollero di essere tirato in mezzo in una discussione in cui prima si spara ad alzo zero ed in maniera del tutto sproporzionata poi si vorrebbe l’aiuto delle truppe alleate. Troppo comodo. Non tollero di essere chiamato, precettato, a fare “l’arbitro” il cui giudizio comunque non viene accettato perché lo si vorrebbe di parte. Non tollero di essere continuamente accusato di non prendere posizioni quando basta andarsi a leggere quanto ho scritto e detto fin’ora (basterebbe un piccolo sforzo) per vedere il contrario. Se per prendere posizione invece si intende l’usare il turpiloquio e l’insulto allora è vero, non ho preso e mai prenderò posizione. Non tollero di essere chiamato falso perché mi picco di sire sempre esattamente quello che penso. Probabilmente dovrei dirlo usando una violenza verbale che non mi appartiene per compiacere queste persone ma ciò non mi interessa. E soprattutto non tollero che una stupida provocazione possa creare un caos del genere. A questo punto dovrei essere quello forte che resiste all’ultima bordata e tiene duro ma, onestamente, adesso vacillo. E vacillo soprattutto perché mentre tutto questo accade non vedo nessuno all’orizzonte a darmi una mano o anche un po’ di solidarietà. Grazie a Dio, però, le discussioni di Facebook hanno se non altro il pregio di essere scritte, per cui invito i membri del Direttivo che vorranno perderci due minuti a rileggersi il contenuto della discussione per la quale vengo accusato di tutto e di più. Di fatto, cari amici, questa è una mozione di sfiducia verso il presidente, promossa in maniera inusuale ma chiara ed efficace da ben tre membri del Consiglio Direttivo.

   E’ per questo, stimati amici che alzo bandiera bianca. Rimetto il mio mandato di presidente di Città Vecchia e mi dimetto dal consiglio direttivo, invitandovi a provvedere quanto prima alla surroga. Tutti sono utili e nessuno è indispensabile. Rimarrò socio, operaio, pronto a lavorare per una cosa in cui credo, ma non più disposto a fare da parafulmine. Spero comprenderete.

   Sono avvezzo a portare a termine gli impegni presi per cui, salvo vostra diversa indicazione, farò il mio dovere sia stasera che domenica al concerto. Dopodichè considererò il mio ruolo terminato.

In fede

Luca Craia


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