Sono in stress da deadline. Sono in tesi. Sto facendo la maturità. Ho una deadline. Non ce la farò mai. Sono in ritardo. Ce la devo fare. Devo scrivere 200.000 battute. 20.000 battute al giorno. Devo vedere gente, vedere le cose di cui scrivo, incontrare volti, parlare con persone, sentire storie, mescolare umanità. Sono stanca. Funziono così. Scrivo 2500 battute e mi riposo 10 minuti in piedi, 10 minuti su Facebook e sul sito del Corriere, sul quale aspetto il verdetto. (il verdetto).
Kerouac scriveva, mi dicono, nei suoi diari, più interessanti di On the road, sempre mi dicono, e ci vuol poco, questo lo dico io, che aveva un tot di battute da scrivere al giorno. Che le scriveva, che non le scriveva mai, che si lamentava di non averle scritte e che poi ne parlava con la madre, discutendo anche di Dio. Io devo scrivere un tot proletario di battute al giorno. Non parlo di Dio ma perseguo lo zen, cosa ancora più proletaria ecc. Mi ripeto a mente questa massima:
Lo Zen è la filosofia della gratuità. In zazen, l’abbiamo detto, se si desidera raggiungere uno scopo, lo si manca. Il puro diviene impuro.
Spezzare i legami, le abitudini, amare senza desiderio di possesso, agire senza finalità personali, tenere le mani aperte, donare, abbandonare ogni cosa senza paura di perdere: ecco, la disciplina dell’adepto zen!
La verità risiede nella semplicità. (…) La nostra vita non è piccola, non è stretta, non è limitata, non è solitaria.
Non è per dire ma sto ripercorrendo il concetto di tentare grossissime imprese eroiche come quando al liceo avevamo 1 giorno per studiare 150 pagine di storia. Ho quindi deciso di dare una colonna sonora a queste antiche sensazioni di follia lastminute: i Cccp e I Marlene kuntz. Se uno ascolta “Io sto bene”, “Annarella” e cose ecc al liceo (dacché a me quelle canzoni ricordano i pigrissimi – anzi, dirò una parola di moda, gli “oziosi”- pomeriggi passati con un’amica ad ascoltare musica, fare disegnini, parlare di tale che si fa tizia e sull’eticità del limonage con un ragazzo che tifa Hellas Verona, MassìVaiMicaTiCiDeviSposare, impararsi a memoria i dati utilissimi come la nascita di Petrarca e le formule matematiche seno/cos/tan, financo mollare le penne sentendone il rumore, e andare in bici al bar a bersi un caffè o almeno al super e comprarsi le msms o le fragole gommose, giocare a scopone scientifico ricordandosi tutte le carte e studiare poi tutto di sera e di notte telefonandosi ogni ora chiedendosi quante pagine ti mancano 50 e sono le 23 pensando con un po’ di ansia all’amica che fa come noi ma sappiamo prenderà 4 perché non abbiamo mai capito se quando legge non capisce o cosa) . Riflettendoci, c’è più il rischio di imparare qualcosa a fare così rispetto a uno che si ascolta il tuo maglione lungo sulle mani o somebody told me you have a boyfriend mentre si è sempre in pari con gli studi, con la vita, con le relazioni.
Poi, vabbè, le vie verso la saggezza sono infinite e lastricate di cattive intenzioni fortunatamente. E dopo tutto non abbiamo perso tempo pensando che stavamo imparando: abbiamo solo perso tempo.
Al dunque. Con buona pace di Kerouc e dello Zen io da ottobre credo in Dio e mi cerco un lavoro in fabbrica.