Partiamo dal fondo.
Perchè la sequenza finale di Con gli occhi dell’assassino (caro Evit, cosa mai centrerà questo titolo con l’originale Los ojos de Julia e con la vicenda raccontata?) è uno splendore.
Guillem Morales riesce a creare un gioco continuo di buio e di luci improvvise, di apparizioni e di scomparse, richiamando in pochi minuti l’intero cuore della vicenda raccontata.
Julia ha una sorella gemella, Sara. Entrambe soffrono di una malattia degenerativa che le porterà in breve ad essere completamente cieche.
Le due sorelle però non si vedono da mesi e solo la loro empatia gemellare permette a Julia di capire che a Sara è successo qualcosa.
Così col marito prova a raggiungerla e la trova morta suicida.
In realtà dietro a quel suicidio sembra esserci altro, ma Julia e l’unica a crederci veramente e ad indagare.
Scoprirà misteri nascosti anche dietro le persone che crede più vicine e dovrà lottare con gli altri e con il buio che intorno a lei si fa sempre più fitto.
Non vi ho detto molto della trama perchè Con gli occhi dell’assassino (mi viene il nervoso ogni volta che scrivo il titolo) è un thriller con i controcazzi, per usare un termine tecnico.
L’inizio è ottimo. Denso, forte, drammatico, ci porta subito nel pieno di quella tensione che ci accompagnerà per tutta la pellicola.
E di tensione c’è n’è molta in un film che è un thriller vero, con tutti gli stereotipi che vanno dal dubbio, all’uomo misterioso, ai segreti nascosti dai protagonisti.
Il montaggio e le scelte di inquadrature decise danno una bella mano a tenere la tensione sempre alta con picchi davvero notevoli in alcune sequenze che lasciano il segno.
Molta camera a mano, che aiuta a creare frenesia e alcune soggettive imponenti e significative, sebbene molto classiche.
Un paio di soluzioni ottime voglio segnalarvele.
Notevole è la scena in cui Julia insegue l’uomo misterioso per lunghi corridoi bui. Le luci si accendono al loro passaggio, sempre un istante dopo il passaggio del tipo. Si ribalta così una delle sequenze classiche del thriller dove è il carnefice ad inseguire la vittima in un corridoio dove le luci solitamente si spengono progressivamente.
La seconda sequenza che merita una citazione è addirittura l’intera scena in cui Julia è cieca e non può vedere la persona che la assiste. Anche lo spettatore è nelle stesse condizioni perchè Pablo Derqui non viene mai (saranno dieci minuti buoni) inquadrato in pieno volto.
Vero che questo lascia intuire molto ma l’effetto è interessante.
Nota di merito anche per Belen Rueda in un ruolo molto duro e per lo stesso Derqui, quantomeno dal momento in cui la sua identità viene svelata.
Il finale (quello che anticipa la sequenza straordinaria conclusiva) sciorina una serie di colpi di scena che riescono a sorprendere lo spettatore.
E non dimentichiamo il gioco continuo del buio e della luce, dell’occhio che guarda, del buio che protegge, del non visto che garantisce sicurezza… insomma un sacco di roba.