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Con il numero di agosto finisce l’esperienza del periodico E – Il Mensile

Da Kobayashi @K0bayashi

Con l’articolo “Un difficile addio” di Maso Notarianni la redazione di E – Il Mensile ha annunciato ai suoi lettori e abbonati che il numero di agosto, che uscirà nelle edicole il 25 luglio, sarà l’ultimo del periodico di Emergency diretto dal giornalista di Repubblica Gianni Mura (che ha firmato l’editoriale di commiato) prima dello stop definitivo alle pubblicazioni, mentre il sito web non sarà più aggiornato a partire dall’ultimo venerdì di luglio, il 27. Il mensile si arrende all’impietoso calcolo delle vendite: circa 20mila copie tra edicola e abbonamenti, numeri evidentemente non più sostenibili per l’editore di riferimento nonostante il passivo secondo Mura “non esorbitante” della sua gestione.

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Perché non riesco a scrivere, oggi? Perché il fatto che tra una settimana circa questo giornale online verrà chiuso è la cosa più difficile da scrivere che mi sia capitata. Questo sito, che prima si chiamava PeaceReporter, ha contribuito a cambiare il modo di fare giornalismo nel nostro paese. Quando cominciammo, nel 2003, i giornali online – quelli indipendenti, non le trasposizioni di quelli di carta – in Italia erano una realtà praticamente sconosciuta. La nostra prima battaglia vinta è stata quella. Eravamo “controinformazione” con tutto quello che di buono questo termine porta con sé, ma anche con tutto quello che di negativo – soprattutto nel mondo del giornalismo – quella parola indica.

Poi siamo diventati autorevoli, ed è stato bello vedere, quando si andavano a trovare i colleghi dei giornali mainstream, che agli esteri c’era sempre un computer con il nostro sito nel monitor. Così come è stato bello, poi dopo un po’ ci siamo stufati, guardare quanti articoli che noi avevamo già scritto finivano sui giornali. Qualcuno, all’inizio, tantissimi dopo un anno o due. Questa è stata la nostra seconda sfida vinta: riuscire a diventare indispensabili a chi si occupa di notizie dall’estero. E riuscire in qualche modo a cambiare il modo di fare informazione. Le guerre dimenticate sono state riscoperte. Molte bugie sono state svelate. Farne l’elenco sarebbe davvero troppo lungo. E un esercizio inutile, peraltro, che farebbe solo aumentare quel dolore che oggi in redazione ci portiamo dentro.

Nel pezzo di addio, però, c’è spazio anche per una critica al sistema dei finanziamenti pubblici all’editoria:

Rabbiosamente ci arrendiamo al mercato, pessimo misuratore della qualità dell’informazione, drogato in Italia più che in qualsiasi altro paese occidentale dal perverso rapporto tra editori e politica (che ha generato una tra le peggiori leggi per il sostegno all’editoria che si possa immaginare) e tra editori e affari, che non è solo il “conflitto di interessi” di Berlusconi, ma il fatto che non ci siano editori puri che si misurano con il libero mercato. E che informazione, pubblicità, distribuzione (sia fisica che virtuale) dei contenuti giornalistici siano concentrati nelle mani di pochi che gestiscono a cartello l’esistenza in vita di questo e di quello. Non a caso l’Italia è al 62° posto nel mondo nella classifica che racconta della libertà di stampa.


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