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Dalì
Questa non è una festa della donna come tutte le altre. Perché dopo che siamo scese in piazza, il 13 febbraio scorso, per darci voce, qualcosa è cambiato. Quella manifestazione ha smosso la mia terra interiore, ha lasciato tracce, impronte e indizi che chiedono di essere seguiti.
Oggi sono in ufficio, col mio gigantesco fiore rosa appuntato alla camicia e la mente alle donne che con il comitato “Se non ora quando” stanno cantando e chiedendo, ancora una volta nelle piazze.
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John Currin
Perché chi non lo sa lo deve sapere, che là fuori ci sono donne che stanno rivendicando per noi i diritti mancati: nel lavoro, nella società, nella famiglia. E bisogna dir loro grazie: perché alzano il culo e riempiono la città di voci e colori anche a nome di chi resta sul lavoro o a casa.
Noi donne italiane, soprattutto, che non abbiamo ancora avuto l’onestà (o il coraggio?) di chiedere aiuto alle istituzioni con politiche economiche e sociali che supportino il nostro ruolo complesso, dovremmo raccoglierci attorno ai palchi, ai banchetti, ai comitati. Perché l’8 marzo sia un momento di raccoglimento, di forza e di inizio.
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