Savona – Dentro la fortezza del Priamar
Ci sono molti peccati dai quali uno scrittore dovrebbe stare ben distante, ma immagino che il più pericoloso di tutti, forse addirittura mortale, sia quello contro la realtà. E a questo punto chi legge potrebbe chiedersi dove sarebbe questo peccato: chi scrive non ha a che fare con la realtà? Non ripeto spesso che chi racconta storie, ci vive immerso fino agli occhi?
Con tutte le scarpe nella realtà
Bene: ribadiamo un concetto. Raccontare storie non è fuggire dalla realtà, bensì entrarci con tutte le scarpe. Cormac McCarthy afferma che si scrive perché si è verificata una tragedia, e io sono d’accordo con lui. Quindi si può immaginare che cosa penso delle storie che già dalla quarta di copertina, anzi, dalla fascetta, assicurano i lettori sugli effetti che producono. Vale a dire: dimenticarsi della realtà, fuggirla proprio.
Ma certo: ciascuno legge quello che vuole. Sicuro: ognuno scrive di quello che preferisce.
Non amo affatto quel tipo di storie che fanno dimenticare la polvere di cui siamo fatti. Se ce ne ricordassimo di più, credo che certi guai non sarebbero così enormi (o meglio: ci sarebbero, ma almeno non ne faremmo parte).
E allora? Il peccato contro la realtà che può commettere chi racconta le storie è di raffigurare la maschera, non la persona. Ah, lo so: il termine “persona” deriva dall’etrusco, e vuol dire proprio maschera. Non lo uso, però, nel suo significato più puro, ed etimologico.